Cos’è la dichiarazione di Bletchley, il primo accordo internazionale sull’intelligenza artificiale
Per difendersi dai rischi legati all'intelligenza artificiale, i firmatari si impegnano alla cooperazione e ad investire sulla ricerca, ma chiedono più trasparenza alle aziende

Una cooperazione internazionale per mettere il mondo al riparo dai rischi posti dallo sviluppo delle tecnologie legate all’intelligenza artificiale. È questo il senso della dichiarazione di Bletchley, un documento sottoscritto dai governi di 28 paesi, tra i quali Stati Uniti, Cina, Germania, Francia, Regno Unito, Giappone, Corea del Sud e Italia, ma anche dalla Commissione Europea.
Firmata nella cittadina in cui ottant’anni fa Alan Turing, il padre dell’informatica moderna, decifrava il codice nazista Enigma dando una svolta alla seconda guerra mondiale, il documento riconosce che l’intelligena artificiale «ha il potenziale per trasformare e migliorare il benessere umano, la pace e la prosperità». Per riuscirci, però, è necessario che sia «progettata, sviluppata, implementata e utilizzata in modo sicuro, in modo da essere centrata sull’essere umano».
I temi messi sul tavolo dai 28 governi e dall’Ue riguardano la trasparenza rispetto ai dati che alimentano l’algoritmo, la mitigazione dei pregiudizi che vengono riflessi nei dati, la tutela della privacy. Ma in particolare, l’elemento di preoccupazione più grande riguarda lo sviluppo della cosiddetta general-purpose AI. Ovvero un’applicazione di intelligenza artificiale generativa che non si limita a svolgere un solo compito, come la generazione di testo per ChatGPT o la creazione di immagini, come Midjourney. Si tratta di macchine capaci di svolgere diversi compiti, di pensiero astratto e soprattutto di adattarsi al contesto.
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Modelli che, secondo i firmatari della dichiarazione di Bletchley, pone rischi elevati in settori come la cybersecurity e le biotecnologie, oltre che nella disinformazione. E in questo ultimo rispetto è importante sottolineare come fra i firmatari manchi la Russia, che invece ha trovato nell’universo digitale uno strumento per proseguire le politiche di disinformatja tipiche dell’epoca sovietica. Il documento firmato ieri nel Regno Unito riconosce appunto che «molti rischi derivanti dall’AI sono per natura intrinsecamente internazionali e quindi sono meglio affrontati attraverso la cooperazione internazionale».
Bene, ma in concreto cosa intendono fare i firmatari di questo documento? Sono due gli impegni assunti. Il primo è quello di identificare i rischi e lavorare ad una comprensione condivisa di questi rischi basata sull’evidenza scientifica. Il secondo quello di sviluppare politiche che mettano al riparo da questi rischi. Aspetto, quest’ultimo, che chiama in causa direttamente le aziende che stanno sviluppando le applicazioni di AI, in particolare quelle general-purpose, alle quali viene chiesta maggiore trasparenza. Infine, per meglio permettere la comprensione di rischi posti da questa tecnologia, i governi si impegnano ad investire sulla ricerca scientifica pubblica nel settore dell’intelligenza artificiale.
«Conosciamo i rischi dell’AI. Concentriamoci su come possiamo usare questa tecnologia»
Questo dunque il senso della dichiarazione di Bletchley, salutato come il primo accordo internazionale sul tema dell’intelligenza artificiale. Tema rispetto al quale l’Unione europea, che appunto la dichiarazione ha sottoscritto, sta lavorando ad un regolamento. Intanto i 28 governi firmatari si sono dati appuntamento al 2024 per un nuovo confronto sul tema dell’AI.
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