Per San Cristoforo il richiamo del prevosto di Gallarate: “Non inseguire le emergenze ma creare risposte affidabili”
Nel giorno del patrono, monsignor Festa riparte dal valore del lavoro "generativo" e rinnovatore. Con invito a credere nella democrazia e ad abbattere "le divisioni tra un noi e un loro"

L’attenzione al prossimo «non può rassegnarsi a inseguire le emergenze» ma deve essere generativa, «per prevenire, per promuovere servizi stabili che diventino istituzioni affidabili, riferimenti rassicuranti» per la società nel suo insieme, senza divisioni tra un noi e un loro.
È il richiamo del prevosto di Gallarate, monsignor Riccardo Festa, nel giorno di San Cristoforo, il patrono della città.
La celebrazione del 25 luglio è qui come altrove anche momento di dialogo tra autorità religiosa e civile, tra una comunità (quella cattolica) e il tutto della città. Un dialogo che è gesti tradizionali e simbolici – come i ceri donati dal sindaco alla chiesa – ma anche riflessione dell’autorità religiosa.

In questo 25 luglio 2025, monsignor Festa è partito dalla figura di San Cristoforo, soldato in Licia, convertito al cristianesimo e vittima dell’imperatore, il cui culto è legato alla protezione dai fiumi e dalle alluvioni: «Possiamo immaginare Cristoforo aiutare chi doveva traversata il fiume a vincere le superstizioni e insieme svolgere un servizio di carità».
È lo spunto per una riflessione sul lavoro, sul senso nell’esistenza, dimensione individuale ma anche valore sociale. «Il lavoro trova il suo senso se trova la forma della carità. Nel mio lavoro professo il mio senso della vita, il mio Dio» continua. «Le nostre terre ci hanno consegnato una cultura del lavoro che ha la forma della carità e il sapore del Vangelo. Un lavoro che serve ad amare e servire il prossimo e che per questo è efficiente, è produttivo, crea sviluppo e occasione di lavoro per altri, sicurezza sociale».

Un lavoro produttivo e generativo, che «invoca e promuove democrazia, vuole regole uguali per tutti, vuole che non ci siano oligarchie che bloccano tutto per difendere posizioni di privilegio, che vuole la possibilità di riformare la vita sociale». E riferendosi ai martiri come San Cristoforo dice: «Le persecuzioni scattano quando il Vangelo apre nuove prospettive e minaccia il mondo economico».
La carità per questo «non può rassegnarsi a inseguire le emergenze» ma deve essere generativa, far sì che le istituzioni siano «affidabili, riferimenti rassicuranti», non lascino nessuno nella paura e nella solitudine.
«La carità infine invoca libertà e democrazia, perché il suo compito è sfondare i confini, le divisioni tra quelli che rappresentano il noi e quelli che diciamo che sono un loro: c’è un unico Dio e se noi siamo i suoi dobbiamo essere al servizio degli altri perché anche loro sono sempre i suoi».
Proprio in conclusione questo richiamo generale e insieme preciso al senso del vivere comune è stato volto anche più nello specifico, rispetto alle sfide con i più giovani. Anche qui con un invito a uno sguardo non appiattito sul qui ed ora: «Verso i giovani e adolescenti fragili» (compresi quelli che «escono di casa per far danni») si deve sì «intervenire sulle patologie conclamate ma bisogna partire da lontano», con una cultura del lavoro che rimotiva la missione educativa.
«Non si può educare se non si vede nei giovani, cittadini italiani o immigrati, un bene da coinvolgere in progetti per i quali ci si possa appassionare».
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