Ultimo rinnova e resta a Varese: “Vi racconto come ho visto cambiare la movida in città”

Fabio Maroni firma il rinnovo del contratto d’affitto: il suo locale simbolo della movida varesina continuerà a essere un punto di riferimento, mentre il quartiere si trasforma

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Dopo 12 anni di successi nel locale di via Cattaneo 7 a Varese, arriva una notizia attesa e non scontata: contrariamente alle voci che si susseguivano da oltre un anno sulla possibile chiusura o trasferimento, Ultimo, uno dei principali locali della movida varesina, resterà al suo posto.

Il gestore Fabio Maroni e la nuova socia Martina Azzalin (nella foto in basso) hanno firmato il rinnovo del contratto d’affitto per altri 12 anni con l’attuale proprietà, assicurando così la continuità di uno dei luoghi simbolo delle serate varesine.

Maroni, che ha portato il locale al successo, non nasconde la sua soddisfazione, non solo per la crescita personale come imprenditore, ma per quella dei suoi dipendenti e dei clienti. «Abbiamo fatto crescere una generazione intera: vedere ragazze che da giovani frequentavano il locale e che oggi, da donne sposate e con figli, continuano a sedersi ai nostri tavoli è una bella storia», racconta. Un simbolo, quindi, non solo per chi cerca divertimento ma anche per la città stessa.

La trasformazione della movida varesina

Negli ultimi 12 anni, il quartiere della movida di Varese ha subito profondi cambiamenti, soprattutto dopo l’impatto del Covid-19. «La zona in 12 anni è cambiata tantissimo, specie nel modo di vivere le serate. Il momento spartiacque è stato il Covid: fino al 2019 lavoravamo nel weekend fino alle 2. Poi chiudevamo e, quando uscivamo, erano ancora tutti lì. Ora chiudiamo all’1.30 e le persone che restano oltre la chiusura sono solo alcune manciate».

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Martina Azzalin e Fabio Maroni

Ma oltre ai cambiamenti legati al comportamento della clientela, si è trasformata anche la geografia stessa della movida varesina: «Noi siamo sempre stati nella zona della movida ma un po’ fuori rispetto al pieno centro, il che ci ha sempre separato dall’affollamento. È uno spazio finito, dove non ci possono essere più di un certo numero di persone. All’inizio è stato faticoso, ma poi la situazione si è rivelata a nostro vantaggio rispetto agli altri. Fuori, però, la scena è cambiata: tra realtà chiuse, spostate e nuove aperture, ora la movida non è più tutta concentrata su via Cavallotti. Quindici anni fa, se non aprivi in Cavallotti, eri già fallito in partenza».

Questa evoluzione, secondo Maroni, ha portato a una distribuzione più omogenea dei locali in tutta l’area centrale, con un impatto positivo anche sui costi. «Se il mercato è concentrato tutto in pochi metri, i prezzi in quella zona salgono alle stelle, mentre ora, con una maggiore distribuzione, i prezzi iniziano ad allinearsi un po’ più in basso. Ora, se hai un buon business plan e un locale accogliente in centro, puoi lavorare senza dover dipendere esclusivamente da via Cavallotti».

Collaborazione tra locali, non competizione

Un altro aspetto importante per il futuro della movida varesina, secondo Maroni, è la collaborazione tra i locali del centro. «Innanzitutto, io li chiamo – e per me sono – colleghi, non concorrenti. Certo, non posso dire di essere amico di tutti, ma in questi anni, alcuni che si erano allontanati si sono riavvicinati vedendo quello che noi abbiamo fatto. Questo mi fa molto piacere. In una città piccola come Varese, dovremmo tutti lavorare per renderla più bella, divertente e sana. Non sono belle le guerre di prezzi, ed è brutto sperare nella chiusura di un altro locale per guadagnare di più. Tutto questo porta solo frustrazione. Mi piacerebbe che col tempo ci fosse un vero rapporto di collaborazione tra i locali, per noi è successo con Attila, per esempio, una realtà giovane ma con cui collaboriamo già molto – e questo è qualcosa che dovrebbe unire tutta la città».

Una città che cambia: sfide e opportunità

Maroni non nasconde che la gestione di un locale oggi comporti anche delle sfide, soprattutto in termini di sicurezza e di comportamento della clientela. «Nei bar gestiamo un numero importante di persone, quindi nell’insieme si trova sempre della negatività. Poi ci sono le problematiche economiche, i ragazzi che escono in modo diverso, e il fatto che la città venga percepita come più pericolosa… questa realtà esiste, ma è solo una parte del quadro generale. Anche se vai in ospedale oggi non è come dieci anni fa, la situazione è diversa. Se il livello generale della popolazione scende, come posso pretendere che nella mia piccola situazione non sia così? Non è un problema specifico nostro, ma della società in generale. È tutta una generazione che ha delle difficoltà». Questa percezione di insicurezza non è, secondo Maroni, un fenomeno isolato a Varese: «A Milano il quartiere intorno a via Como una volta era il posto dove uscire alla sera, oggi rischi di prenderti a botte».

Guardando al futuro: lo sport come risorsa per Varese

Guardando al futuro, Maroni crede che Varese debba puntare sullo sport per attirare persone e investimenti. «Una cosa su cui può sicuramente puntare Varese è lo sport, che attira persone abituate a spostarsi e con la possibilità economica di farlo – conclude -. Noi abbiamo uno dei territori più belli per lo sport, soprattutto all’aria aperta. Potremmo fare di tutto con mille cose e mille discipline diverse. Non dobbiamo fossilizzarci su cammino e canoa: penso anche a sport come il wakeboard e il downhill, il nostro territorio sarebbe perfetto».

Stefania Radman
stefania.radman@varesenews.it

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Pubblicato il 25 Ottobre 2024
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