La carriera solista di Brian Eno comincia in chiave pop rock
Ma in realtà avrebbe proseguito con musica molto più complessa.
Per motivi di spazio avevamo ignorato l’anno scorso l’inizio della carriera solista di Brian Eno: rimediamo con il suo secondo disco. Nonostante sul palco con i Roxy Music fosse quello che faceva uso dei costumi più sgargianti ed equivoci, Brian Eno era un fior di musicista, che proveniva da ambienti della musica contemporanea. Non è un caso che dopo l’uscita dai Roxy la sua prima collaborazione fu con quell’altro genio della musica che si chiama Robert Fripp: insieme incisero subito l’album No Pussyfooting, al quale è difficile affibbiare l’etichetta rock, ed altri seguirono negli anni.
I primi suoi album solisti non erano però di musica elettronica: si trattava di una sorta di pop rock abbastanza strano, che mi ricorda un po’ quello che avevamo sentito proporre da John Cale o da Kevin Ayers. Pensate quindi a una musica fatta da un artista in senso complessivo: figuratevi che usava un sistema di carte, ideate da lui e da un altro artista e denominate Oblique Strategies, che prese a caso indicavano le direzioni da prendere. Un’ultima nota sui musicisti presenti: Manzanera e McKay se li era portati dai Roxy, mentre il grande Robert Wyatt lo aiutò nel canto.
Curiosità: il titolo lo prese da una delle otto “opere modello” che la moglie di Mao fece realizzare come uniche da rappresentare in Cina durante la rivoluzione culturale. Erano in contrasto con il tradizionale teatro cinese, definito “borghese”, che raffigurava il sistema feudale precedente.
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