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Antigone racconta il carcere che non si vuole vedere: sovraffollamento, suicidi e diritti negati

Il Report 2024 dell’associazione al centro dell’incontro a Materia Spazio Libero “Oltre il muro – Un ponte tra fuori e dentro”, con magistrati, avvocati, sindacati e garanti a confronto sulle condizioni delle carceri italiane

Materia Varesenews

Le carceri italiane al centro di un confronto pubblico tra istituzioni, società civile e volontariato.
Lunedì 31 marzo, a Materia Spazio Libero Varesenews, si è svolto l’incontro “Oltre il muro – Un ponte tra fuori e dentro”, evento conclusivo di un progetto promosso dalle associazioni 100Venti e Oblò Teatro, con il sostegno della Fondazione ACLI La Sorgente. Al centro della serata la presentazione del Report 2024 di Antigone, associazione che da anni monitora lo stato degli istituti penitenziari in Italia.

A illustrare i dati è stata Perla Allegri, docente universitaria e volontaria di Antigone, che ha offerto un quadro dettagliato delle criticità rilevate nell’ultimo anno: oltre 62.000 persone detenute a fronte di una capienza effettiva di circa 47.000 posti, un tasso di affollamento medio del 132,6%, 88 suicidi registrati nel 2024 (il dato più alto mai rilevato) e condizioni strutturali spesso carenti, con celle senza doccia, acqua calda non garantita e spazi inadeguati per il lavoro o la formazione.

Insieme a lei sono intervenuti Giulia Vassalli e Benedetta Rossi, magistrate di sorveglianza; Marco Lacchin, avvocato penalista; Francesco Vazzana, referente dell’area sociale della CGIL di Varese; e Pietro Roncari, garante dei detenuti della Casa Circondariale di Busto Arsizio.

«Dal punto di vista numerico, il carcere non è in grado di contenere la popolazione detenuta e questo, per chi svolge il nostro ruolo – hanno raccontato Vassalli e Rossi – genera una forte frustrazione. Non riusciamo a garantire le condizioni minime di sicurezza. Il sovraffollamento incide anche sull’aumento degli episodi di violenza».

Le due magistrate hanno poi invitato a riflettere sul tema dei suicidi: «Chi sono le persone che non riescono a tollerare la vita in carcere? Quali strumenti abbiamo per intervenire? Spesso si tratta di soggetti fragili, per esempio persone straniere, che vivono condizioni di isolamento più marcate. Da un lato bisognerebbe tornare a un’idea di carcere che eviti l’ingresso di chi deve scontare pene brevi, dall’altro bisogna partire dal presupposto che il carcere debba offrire condizioni di vita dignitose e rappresentare un punto di partenza per un percorso di reinserimento».

Nonostante le difficoltà, Vassalli e Rossi hanno voluto sottolineare anche gli elementi di speranza: «Se è vero che non assistiamo a un aumento degli ingressi, è anche vero che le pene si stanno allungando. E sebbene le storie di riscatto siano ancora poche rispetto agli insuccessi, esistono e ci incoraggiano a continuare a lavorare per migliorare».

Anche l’intervento dell’avvocato penalista Marco Lacchin si è concentrato su una criticità strutturale: «Il problema dell’ordinamento penitenziario non è tanto nella legge, ma nella sua attuazione. Molte norme esistono da decenni: già nel 1975 si prevedeva, ad esempio, la fornitura di acqua calda, vestiario e prodotti per l’igiene personale. Eppure, in molte carceri, questi servizi vengono garantiti solo grazie all’intervento delle organizzazioni di volontariato o dei cappellani».

Lacchin ha poi sottolineato il ruolo centrale del volontariato, ma anche i suoi limiti: «Il rischio è che diventi una “zeppa” del sistema, andando a coprire le mancanze di uno Stato che dovrebbe garantire quei servizi in prima persona. Quanto alle misure alternative, il nodo resta il lavoro: la possibilità concreta di reinserimento nasce quasi sempre dal supporto di famiglie o associazioni. Non esiste ancora, purtroppo, un vero percorso istituzionale di rieducazione e avviamento al lavoro».

IL REPORT COMPLETO

Aumentano i detenuti e cresce il sovraffollamento

Al 16 dicembre 2024 le persone detenute in Italia erano 62.153, a fronte di una capienza regolamentare di 51.320 posti. Tuttavia, 4.462 di questi risultano non disponibili per inagibilità o lavori di manutenzione. La capienza effettiva scende così a circa 47.000 posti, con un tasso di affollamento del 132,6%.

Rispetto alla fine del 2023, quando i detenuti erano 60.166, si contano circa 2.000 persone in più, mentre i posti effettivi sono diminuiti. In istituti come San Vittore (Milano), l’affollamento ha raggiunto il 225%, seguito da Brescia Canton Mombello (205%), Como e Lucca (200%), Taranto (195%) e Varese (194%). Sono 59 gli istituti con un tasso di affollamento superiore al 150%.

Mentre i posti detentivi diminuiscono

Dal 2016 a oggi la capienza regolamentare è aumentata solo di circa 1.000 posti, passando da 50.228 a 51.320. I detenuti, nello stesso periodo, sono circa 8.000 in più. I posti effettivamente utilizzabili sono però in calo: da 3.665 non disponibili nel luglio 2022 si è passati a 4.462 nel dicembre 2024.

In 28 degli 87 istituti visitati da Antigone nell’ultimo anno (pari al 32%) non erano garantiti i 3 mq calpestabili per ogni persona detenuta. I ricorsi accolti per violazione dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo sono aumentati: 3.382 nel 2020, 4.212 nel 2021, 4.514 nel 2022 e 4.731 nel 2023.

Personale e operatori

I funzionari giuridico-pedagogici risultano in lieve aumento: nel 2022 erano uno ogni 87 detenuti, nel 2023 uno ogni 76, nel 2024 uno ogni 68. Il personale di polizia penitenziaria, al contrario, risulta in calo: nel 2022 c’era un agente ogni 1,7 detenuti, nel 2023 uno ogni 1,9, nel 2024 uno ogni 2 detenuti.

Criminalità e presenze straniere

La percentuale di detenuti stranieri è in calo da anni: dal 37,5% del 2007 al 31,9% del dicembre 2024. Ciò avviene nonostante l’aumento generale della popolazione straniera residente in Italia, passata da meno di 3 milioni nel 2007 a circa 5 milioni nel 2023.

Il confronto tra italiani e stranieri in carcere è ritenuto fuorviante: la popolazione detenuta è composta in larga parte da uomini giovani e provenienti da aree più povere, un profilo più frequente tra i migranti.

Lavoro, formazione e scuola

Al 30 giugno 2024, 17.096 persone lavoravano alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria (erano 16.305 nel 2023). Sono aumentati anche i detenuti impiegati da altri datori di lavoro: da 2.848 a 3.144. Tra questi, 899 lavorano per cooperative sociali e 213 per imprese private.

I corsi di formazione professionale hanno visto un aumento degli iscritti: da 2.248 nel primo semestre 2022 a 3.716 nel primo semestre 2024. Le disparità regionali restano forti: in Lombardia gli iscritti rappresentano il 14% dei presenti, mentre in Umbria, Puglia, Sardegna e Basilicata non si arriva all’1%.

Nel 2023-2024 le persone iscritte a percorsi scolastici erano 19.372, con 3.946 promossi.

Strutture e condizioni degli istituti

Il 35,6% delle carceri visitate è stato costruito prima del 1950, il 23% addirittura prima del 1900. Nel 55,2% non ci sono docce in cella, nel 48,3% manca l’acqua calda garantita tutto il giorno, nel 10,3% non tutte le celle sono riscaldate. Nel 25,3% non esistono spazi per lavorazioni.

Suicidi ed eventi critici

Nel 2024 si sono registrati 88 suicidi tra le persone detenute, il dato più alto mai registrato. I decessi totali da inizio anno sono stati 243. Almeno 23 suicidi hanno riguardato persone tra i 19 e i 29 anni, circa 40 erano persone straniere. In oltre la metà dei casi, le vittime erano già coinvolte in altri eventi critici. Ventuno avevano già tentato il suicidio in precedenza.

Gli istituti con il maggior numero di suicidi (quattro ciascuno) sono Genova Marassi, Napoli Poggioreale, Prato e Verona. Le sezioni maggiormente interessate sono quelle a custodia chiusa, dove avviene l’80% dei casi.

Nel 2024, ogni 100 detenuti, si sono registrati in media 20,3 atti di autolesionismo, 2,5 tentati suicidi, 2,6 aggressioni al personale e 7,7 aggressioni tra detenuti.

DDL Sicurezza e proteste

Il nuovo reato di rivolta penitenziaria previsto dal DDL Sicurezza prevede pene elevate anche per forme di protesta non violente. Nel 2024 si sono registrati 1.397 episodi di protesta collettiva classificati come tali (battiture, rifiuto di rientro in cella, ecc.). Se anche solo tre persone avessero partecipato a ciascun episodio, sarebbero coinvolti circa 4.000 detenuti.

Carceri italiane in Albania

Il Protocollo Italia-Albania prevede la possibilità di trasferire detenuti albanesi in strutture all’estero. Secondo Antigone, il piano risulta contrario al principio di non discriminazione e potrebbe compromettere i diritti dei detenuti, soprattutto in relazione alla rieducazione, alla salute, alle relazioni familiari e all’istruzione. Le risorse impiegate per tali progetti potrebbero, secondo l’associazione, essere destinate al miglioramento delle condizioni detentive in Italia.

 

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Pubblicato il 31 Marzo 2025
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