Viaggio della memoria per gli studenti del Newton di Varese e dello Ial di Saronno nei luoghi dell’Olocausto
I ragazzi delle due scuole di Varese hanno partecipato al "Treno della Memoria" che Cgil, Cisl e Uil organizzano ogni anno per spiegare ai giovani l'orrore dei campi di sterminio nazista. Le atrocità nei commenti dei partecipanti

Viaggio della memoria, a 80 anni dalla liberazione dei campi di concentramento, per quasi cinquecento ragazzi delle scuole superiori di tutta la Lombardia.
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Otto pullman, partiti contemporaneamente da Milano, Varese, Bergamo, Como, Brescia, Mantova, Sondrio, Lecco, Mantova, Monza, Lodi, Pavia, Brescia e dalla Valcamonica, dal 27 febbraio al 2 marzo hanno portato gli studenti in Alta Austria per conoscere il complesso sistema di campi di concentramento della zona di Linz.
Ebensee, il castello di Hartheim, Gusen e infine la fortezza di Mauthausen sono state le tappe del viaggio di memoria organizzato dai tre sindacati confederali della Lombardia, Cgil, Cisl e Uil.
Protagonisti, studenti fra i 16 e i 18 anni, di licei, Centri di formazione professionale, Istituti tecnici e professionali.
Fra loro i ragazzi e le ragazze della terza del corso di biotecnologie sanitarie del Newton di Varese e i rappresentanti dei corsi IAL di Saronno e di Legnano, accompagnati dai loro insegnanti: la professoressa di Lettere Maria Letizia Antognazza e la referente della commissione didattica del Memoriale e della Shoah Sara Maria Iovino per l’Itis e il professor Stefano Calzolari, coordinatore del Cfp.
A guidarli nella conoscenza dei fatti e dei luoghi le guide austriache dell’associazione ex deportati, con gli esperti della rete lombarda degli Istituti della Resistenza, come Elisabetta Ruffini, della Fondazione memoria della deportazione, che ha curato la preparazione remota degli alunni del Newton nei mesi precedenti il viaggio.
Per quattro giorni, gli studenti hanno ascoltato storie, conosciuto realtà e la loro complessa organizzazione, letto pagine dei sopravvissuti, visto volti e conosciuto nomi riportati nei memoriali, hanno fotografato, disegnato ma soprattutto hanno messo piede in luoghi dolorosamente segnati dal dolore, dalla crudeltà, dalla lucida volontà di annientamento e sfruttamento lavorativo dell’uomo oltre ogni immaginazione.
Ed è questo, in particolare, che ha colpito i ragazzi, scuotendoli nel profondo, come racconta Leonardo, quasi diciottenne, di Ternate: «È un viaggio di grande consapevolezza, che ha cambiato il mio modo di pensare e parlare di cose che prima trattavo con leggerezza, a suon di battute fra amici, come razzismo, lager, nazismo. Ora, avendo calpestato questi luoghi ho avvertito tutta la pesantezza di quanto accaduto e vedo tutto in modo diverso».
Oppure Beatrice, 16 anni, di Gavirate, che dice: «Mi ha colpito sapere che le persone non erano rispettate neppure da morte e si infieriva anche sui corpi. A casa racconterò quello che ho visto, soprattutto a mio nonno: suo padre era stato deportato in un campo di lavoro, anche se non ne ha mai parlato con i suoi figli, ma ci sono le Carte che lo documentano, e che adesso andremo a leggere insieme»
Durante le visite al Memoriale di Ebensee, voluto dagli italiani, o a quello di Gusen, realtà satelliti del grande campo di concentramento di Mauthausen, edificato in cima alla collina come una enorme fortezza, le guide locali hanno fatto spesso sottolineato ai ragazzi quanto sia stato difficile per il loro Paese raccogliere una memoria tanto dolorosa, convivere e tornare ad abitare terre dove migliaia di deportati di ogni nazione europea hanno lavorato fino alla morte di stenti, dove sono stati in funzione forni crematori, camere a gas e dove oggi, al loro posto, sorgono ordinate e moderne villette.
Di crescita della consapevolezza verso pagine di storia finora studiate solo sui libri hanno parlato anche Filippo e Federico, 16 e 17 anni: «Ho capito che la storia – ha detto il primo – ha sempre un sacco di sfumature e non si possono giudicare le persone in modo superficiale o senza conoscere a fondo le situazioni» mentre il secondo ha sottolineato alcune emozioni: «Mi hanno colpito due luoghi: il memoriale di Gusen dove è conservato il forno crematorio, perché ho percepito che lì dentro entravi o perché eri una SS o da morto; e poi, le stanze della camera a gas e dei forni crematori di Mauthausen, dove ho sentito mancarmi l’aria nei polmoni e ho percepito i sentimenti di chi era passato lì».
Per tutti, poi, è stato importante conoscere le dinamiche che hanno portato alla creazione del sistema concentrazionario della Germania nazista e avvertire le similitudini con messaggi che oggi tornano a riecheggiare nelle cronache, un parallelismo sottolineato dalle guide soprattutto durante la visita al castello di Hartheim, luogo di eutanasia di massa per i disabili tedeschi, prima, e di eliminazione di massa di oppositori politici e prigionieri ormai inabili al lavoro nelle cave di granito di Ebensee, Gusen o Mauthausen: «Mi porto a casa una vera paura per ciò a cui potremmo andare incontro se andiamo dietro a certi messaggi di odio e di discriminazione» ha detto Anna, sedicenne di Arcisate, mentre un suo compagno di classe, Federico, anche lui sedicenne, ha sottolineato: «Un conto è leggere queste cose sui libri e un conto è vedere questi luoghi: qui abbiamo incontrato storie vere e anche se adesso non c’è più niente, perché i campi sono stati distrutti e restano solo i memoriali, sappiamo che lì sono passate e sono morte migliaia di persone. Tornato a casa racconterò quello che ho visto qui soprattutto a mia nonna, che mi parla sempre del suo paese quando c’erano i tedeschi».
Storie personali si sono incrociate con i racconti delle guide: così, al viaggio hanno preso parte anche alcuni adulti, come Marinella o Lorenzo, portatori di ricordi di un padre che, dopo essere stato in un campo di concentramento a Bolzano non è arrivato come gli altri compagni a Mauthausen per un problema tecnico al convoglio su cui era già stato caricato, e di uno zio che invece da Mauthausen è ritornato, ma completamente trasfigurato nel corpo e nello spirito e incapace di raccontare alcunché di quanto visto e patito tra queste alte mura di pietra e filo spinato.
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