In Alta Valtellina i ghiacciai stanno morendo. L’esperto: “È iniziata l’agonia, ma sotto i detriti c’è ancora ghiaccio”
I professori Cannone e Guglielmin dell’Università dell’Insubria lavorano al progetto Criohab del Parco dello Stelvio per documentare il rapido ritiro dei ghiacciai nell’Alta Valtellina e gli effetti sulla biodiversità

I ghiacciai dell’Alta Valtellina stanno vivendo una delle fasi più difficili della loro storia. I dati ufficiali arriveranno tra un paio di settimane ma la sensazione è che il loro stato di salute sia pessimo. Dopo un’estate favorevole nel 2024, quella che stiamo vivendo ha creato condizioni ben poco favorevoli. (nella foto il ghiacciaio delle Platigliole)
Il professor Mauro Guglielmin, professore di geografia fisica e geomorfologia all’Università dell’Insubria, ha ricevuto, dal Parco dello Stelvio, l’incarico per un grande progetto di monitoraggio, il CRIOHAB, coordinato dalla professoressa Nicoletta Cannone, anche lei docente dell’Università dell’Insubria, e finanziato con fondi PNRR dal CNR.
Uno dei loro obiettivo è quello di rilevare lo stato di salute di alcuni ghiacciai dell’Alta Valtellina, in Valle Braulio, nella Valle dei Vitelli, sul Gavia.
Il ghiaccio c’è ma non si vede più
Per eseguire il monitoraggio, il professor Guglielmin utilizza tecniche ormai consolidate come radar, droni e camere termiche. In questi giorni si trova sul piccolo ghiacciaio delle Platigliole, oggi quasi del tutto scomparso alla vista, ma non privo di massa ghiacciata.
«Oggi quasi tutti i ghiacciai alpini sono almeno parzialmente coperti da detriti – spiega il ricercatore– Per questo le tradizionali tecniche ottiche non sono sufficienti. Serve la tecnologia radar per vedere cosa resta davvero sotto».
Il dato sorprendente è che c’è più ghiaccio di quanto si pensi, anche se non è più parte della massa glaciale compatta:« Si parla di ghiaccio relitto, porzioni isolate che non scorrono più, ma che conservano, almeno per ora, una parte della riserva idrica».
I detriti preservano la massa ghiacciata
Il ghiaccio relitto, nascosto sotto coltri di pietre e terra, non ferma la scomparsa del ghiaccio alpino, ma la rallenta. I detriti, infatti, agiscono come un isolante naturale: da un lato nascondono il ghiaccio, dall’altro lo proteggono dal calore.
È un fenomeno visibile anche sul Gran Zebrù orientale, il cui monitoraggio è iniziato con il progetto Glacer CC. Qui l’autoconservazione del ghiaccio sotto i detriti è ben documentata: « Ma quando la copertura detritica aumenta troppo – spiega il professor Guglielmin – significa anche che il ghiacciaio è vicino alla fine. Il ghiaccio espelle fuori il detrito perchè non ha più riserva ghiacciata».
L’agonia dei ghiacciai piccoli e il paesaggio che cambia
Il ghiacciaio delle Platigliole, che il team segue con i droni, è un esempio emblematico. Un tempo era visibile, oggi è praticamente scomparso, coperto da decine di metri cubi di materiale, crollato dalle pareti rocciose, che si sgretolano nel periodo compreso tra la primavera e inizio autunno a causa dello scioglimento del permafrost.
«È un’agonia lenta – spiega – Alcuni ghiacciai sono già morti come paesaggio, gli altri scompariranno entro dieci anni. Tutto dipenderà dal clima che avremo».
Ondate di calore in estate e scarse nevicate in inverno
Il fenomeno è dovuto sia alle ondate di calore, sempre più intense e durature in estate ma, soprattutto, allo scarso innevamento in inverno: «Da almeno 7/8 anni assistiamo al ritiro dei ghiacciai. Il fenomeno della copertura di materiale ha avuto una forte accelerazione e questo perchè, in inverno, non abbiamo più nevicate intense e prolungate, mentre d’estate le temperature sono molto elevate e per periodi lunghi. Ciò comporta un aumento della copertura detritica. Il destino dei piccoli ghiacciai è quello di scomparire alla nostra vista. E con la loro sparizione non se ne va solo il ghiaccio: cambia il paesaggio, cambia la biodiversità e si modifica anche l’attrattività turistica»
La situazione è preoccupante. Nella valle del Gavia, ad esempio, il ghiacciaio Lago Bianco è già scomparso. La Sforzellina è quasi invisibile.
Se le ondate di caldo tardive continueranno a ripetersi, anche le abbondanti nevicate tardive, che quest’anno hanno contenuto il fenomeno, non basteranno.
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