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Nella valle che guarda il Lago Maggiore il circolo Acli di Cadero è casa per tutti

Nel cuore della Val Veddasca un ex asilo trasformato in circolo è diventato l’anima del borgo: l’impegno di Michela Sartorio e Clemente Monaco tiene viva la comunità tra ricordi, nuove energie e speranze per il futuro

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La quinta tappa del nostro tour alla scoperta delle Acli del Varesotto, dopo Ispra, Bergoro , Caronno Varesino e Curiglia ci porta a Cadero.
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Dentro il circolo Acli di Cadero 4 di 17

Il sole filtra tra le persiane di vecchie case in pietra, le campane suonano e l’aria di montagna profuma di legna e gerani sui balconi. A Cadero, frazione di Maccagno con Pino e Veddasca, con appena trentacinque residenti fissi, la vita scorre lenta ma autentica. Al centro del paese, accanto alla chiesa, c’è una porta che da decenni non si chiude mai davvero: quella del Circolo Acli.

È qui che, fin dal mattino, arrivano i primi abitanti per un caffè, una chiacchiera, un saluto. È qui che le feste animano le vie, che bambini e anziani si incontrano, che storie e ricordi si tramandano di generazione in generazione. «Non è un bar come gli altri – dice Michela Sartorio – è casa per tutti».

Qui non si viene solo per bere un caffè, ma per sentirsi a casa

Dall’asilo al circolo: la nascita di un presidio sociale

L’edificio oggi sede del circolo ha visto passare intere generazioni. Nato come asilo parrocchiale, negli anni Settanta, quando le aule si svuotarono per l’ultima volta, fu donato alla comunità con una clausola: trasformarlo in luogo di incontro e socialità. Da allora, quelle stanze che un tempo risuonavano delle voci dei più piccoli si sono riempite di carte da gioco, risate e profumi di cene comunitarie. L’ingresso nelle Acli, poi, avvenuto quarant’anni fa, diede un nome e un riferimento più ampio a un circolo che già era cuore della comunità.

Negli anni la guida del circolo è passata attraverso figure che ne hanno sostenuto la vita quotidiana e la continuità: tra queste Giuseppe Ciola, ex finanziere che per lungo tempo ne ha seguito la gestione, e oggi Clemente Monaco, attuale presidente e compagno di Michela. «In realtà – sorride – qui siamo tutti volontari: il presidente serve come “ruolo”, ma il lavoro è di squadra».

La vera colonna portante è Michela, che a 24 anni ha preso in mano il bar e non ha più smesso. «Ho iniziato quasi per caso – racconta – ma questo posto è diventato la mia vita. Ci sono cresciuta dentro e non ho mai mollato».

Questo posto è la mia vita: ci sono cresciuta dentro e non ho mai mollato

Il circolo apre ogni giorno dalle sette del mattino alle undici di sera, unico giorno di chiusura il mercoledì. Qui si serve un caffè, ma anche una parola di conforto; si gioca a carte, ma si trova anche chi ti aiuta a sistemare la stufa o a fare la spesa.

Durante la pandemia, la chiusura forzata è stata un trauma per il paese: «La gente era smarrita – ricorda Michela – perché qui ci si vede tutti i giorni. Senza il circolo mancava un pezzo di vita». Ancora oggi molti anziani si appoggiano a Michela per piccoli gesti quotidiani: prenotare una visita, ricevere un pasto caldo, chiedere consiglio. «Mi chiamano anche di notte – sorride – ma fa parte di questo ruolo: non è un lavoro, è una missione».

Le feste che accendono il paese

Il calendario di Cadero è scandito dalle feste organizzate dal circolo, spesso in collaborazione con la parrocchia. La patronale di Santa Rita in agosto è l’evento clou: processione, pranzo comunitario e giochi per bambini radunano anche un centinaio di persone, tra residenti e villeggianti.

A Pasqua la “caccia al coniglio” anima le vie del borgo: uova nascoste nei cortili, famiglie che arrivano da Maccagno e Luino, bambini che corrono tra mosaici e fontane. A Natale e all’Epifania, l’arrivo di Babbo Natale e delle Befane è atteso come un rito: «Una volta i Re Magi sono arrivati su una 500, un’altra volta le Befane su un bob – racconta Michela – la gente rideva, si divertiva. Sono immagini che restano nel cuore».

Oltre alle feste, ci sono pranzi e cene sociali che coinvolgono tutti: patatine fritte preparate in quantità industriali, tavolate che uniscono generazioni, musica e racconti fino a sera.

Una comunità che resiste allo spopolamento

Come molte località di montagna, Cadero ha visto calare negli anni la popolazione: da quasi cento soci locali si è scesi ai trentacinque residenti di oggi. Eppure il circolo conta oltre ottanta tesserati, grazie ai villeggianti e a chi, pur vivendo lontano, sente questo luogo come casa.

Negli ultimi anni sono arrivate nuove famiglie, alcune con bambini piccoli, altre che hanno aperto attività come un B&B. «Sono segnali che fanno ben sperare – spiega il presidente Monaco – perché significano che il paese può ancora rinascere».

Tra le mura del circolo si intrecciano storie che raccontano l’anima di Cadero. C’è un signore, arrivato solo e in difficoltà, che qui ha trovato compagnia e ha ricostruito la sua vita. Ci sono i ragazzi che da piccoli venivano con i nonni e oggi, adulti, aiutano a organizzare le feste. Ci sono i villeggianti che, dopo anni di vacanze, hanno deciso di trasferirsi stabilmente.

Il circolo è anche un luogo di memoria familiare per Michela: sua madre e suo padre, entrambi molto legati al paese, hanno collaborato per anni alla gestione. «Sono cresciuta qui – dice – e quando ho perso i miei genitori ho capito ancora di più quanto questo posto fosse importante: era la nostra storia».

Tradizione, arte e futuro

Cadero non è solo feste e convivialità: lungo le sue vie si snoda un percorso di mosaici realizzati da un artista legato al paese. Un patrimonio che il circolo valorizza durante eventi e visite guidate, creando un filo tra passato e presente.

Guardando al futuro, Michela confessa una speranza e una paura: «Vorrei che questo posto continuasse anche quando io non ci sarò più. Ho paura che senza di me si spenga tutto, ma spero che i giovani che si stanno avvicinando lo portino avanti».

Oggi il circolo Acli di Cadero è molto più di un bar: è un cuore che batte al ritmo delle stagioni e delle vite che lo attraversano. È la voce che chiama a raccolta durante le feste, il luogo dove si trova ascolto, la certezza che in questo piccolo angolo di montagna la comunità esiste ancora. «Finché ci sarà gente che entra qui anche solo per un caffè – sorride Michela – questo posto continuerà a vivere».

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Pubblicato il 05 Agosto 2025
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