Terra di leggende il regno delle bocce: il sogno

Roberto Bramani Araldi ci offre un racconto onirico che rappresenta il pensiero di una boccia, appena rilasciata, che cerca il boccino. Una rappresentazione fantasiosa delle aspirazioni dei giocatori sul campo

Bocce varie

Ha la boccia in mano, in procinto di lanciarla verso il pallino, è sicuro che andrà a raggiungerlo, a sfiorarlo, sino a posizionarsi a pochissimi centimetri; lo vede nei minimi dettagli: ecco, la lascia con un sapiente accompagnamento, si stacca dalla mano docile, scorre quasi con leggerezza, si avvicina circospetta, poi, lieve, sì molto lieve, si adagia lì, a fianco: è perfetta, non si può pensare a nulla di più rasente all’eccellenza, è la giocata che avrebbe ripetuto infinite volte, è la giocata mitica che solo i grandi campioni potrebbero realizzare.

Il dilucolo stava occhieggiando di lontano, le tenebre stavano lasciando lo spazio alla timorosa luminosità dell’incipiente mattino, anelante di conquista degli spazi a lui dedicati, presto sarebbe sorta a dominare la luce, pur nella nota difficoltà della supremazia invernale, ove la brillantezza dell’immagine diurna rimane confinata nelle visioni immaginarie di chi vorrebbe lo splendore dell’astro predominare sulle rigide consuete brume: la boccia sta scorrendo lentamente, e si avvicina lenta, sempre più lenta alla sua meta …

Non sa dove si trova, il lago lo suggestiona come di consueto, la luna, limitata a una minima parte del suo essere, quasi volesse far desiderare la crescita fino a una esplosiva, completa luna piena, rimane muta in attesa, ben conscia del tempo che opera a suo favore, l’immaginazione si lascia trascinare in meandri sconosciuti, dove la fantasia prorompe con vigore a prevaricare la logica del tangibile, la boccia prosegue il suo cammino verso il pallino, ma non è ancora arrivata a destino.

Dove sconfina la speranza di successo? Dove va a miscelarsi l’illusione con la concretezza?

Prende forma davvero la prosodia del verso poetico che indirizza la ricerca della melodia ritmica sullo sgorgare dell’ispirazione che traduce l’idea in forme di armonia celestiali?
La boccia cammina, come è leggiadro il suo procedere verso il pallino, vorrà veramente abbracciarlo in un viluppo inestricabile?

E’ lì, la boccia appena rilasciata, sa che arriverà a destino, ponendo l’avversario in difficoltà, sa che non sarà facile per lui risolvere la questione che gli ha posto, sa di aver compiuto un piccolo capolavoro.

Bocce varie

E pensa agli orizzonti che si dispiegano accanto a lui, al lago immenso nella sua inimmaginabile bellezza, per sempre disposto a donarsi, solo che qualcuno sia  propenso a volgere uno sguardo ad apprezzarlo, ai monti, neanche molto maestosi, eppure guardinghi alle minime dimensioni delle opere dell’uomo, proiettate verso l’empireo del percorso della mente senza lasciarlo scorrere verso Leopardi e al suo “Infinito”, ove “mi sovvien l’eterno, e le morte stagioni e la presente e viva è il suon di lei. Così tra questa immensità s’annega il pensier mio e il naufragar m’è dolce in questo mare”.

Non vuole rilasciarla, o forse si sta già muovendo in modo autonomo, sta vivendo nel sogno o sta imperando la realtà?

L’avversario tenterà di allontanarla e lui riprodurrà esattamente la medesima giocata, una, due, tre volte ancora, e ancora, e ancora all’infinito, perché è perfetto, non può variare neppure di poco l’esercizio della perfezione: è lì, accanto al boccino e lo sa che non sarà possibile alterare ciò che sta avvenendo.

Si perde nei meandri delle ore antelucane il pensiero ottenebrato dal pesare delle onde del riposo notturno, la luce fa fatica a forare le ombre, è inutile l’agitarsi , il cammino degli astri non ubbidisce a schemi preordinati, ma procede immutabile, e il desiderio di regolarne il flusso può essere solo confinato in un recesso della memoria: la boccia scorre leggera verso il boccino, e lì, vicino, vicino si porrà, in attesa degli sviluppi successivi che il velo onirico non è in grado di scoprire, né lo sarà mai.

 

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Pubblicato il 17 Agosto 2025
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