Precari “del Pnrr” in presidio davanti al Tribunale di Busto: “Senza di noi sistema giustizia a rischio collasso”
Sono i lavoratori assunti con le risorse del Pnrr: a Busto sono 46 i dipendenti che vedono il proprio posto di lavoro in bilico, con rischi concreti anche per l'attività giudiziaria

Senza i precari del PNRR il Tribunale di Busto Arsizio rischia la paralisi. Non hanno usato mezzi termini per descrivere la situazione i dipendenti scesi in presidio martedì 16 settembre davanti agli uffici giudiziari di largo Giardino, che dopo aver contribuito per tre anni e mezzo allo smaltimento dell’arretrato del sistema giustizia ora vedono il proprio posto di lavoro a rischio da qui ad una manciata di mesi. E non ne hanno usati nemmeno la FP Cgil e magistrati e avvocati che hanno portato la propria solidarietà ai precari in presidio, una trentina su un totale di 46 (39 all’ufficio del procedimento del processo, 3 tecnici di amministrazione e quattro data entry) ai quali vanno aggiunti i colleghi che non erano davanti al tribunale ma si sono astenuti dal lavoro, per un’adesione complessiva allo sciopero intorno al 90%.
«Rappresentiamo all’incirca un terzo dei dipendenti di questo tribunale – ha spiegato Erica Gagliardi, lavoratrice precaria e rappresentante RSU per la FP Cgil -: siamo forza lavoro importante, assunta con i fondi del PNRR, che sta contribuendo allo smaltimento dell’arretrato e si è integrata bene con il personale a tempo indeterminato. Il nostro licenziamento comporterebbe uno svuotamento degli uffici giudiziari: presso la sezione dibattimento, ad esempio, al omento sono impiegati solo due assistenti, e noi rappresentiamo una forza lavoro di sette persone, un rapporto di numero decisamente schiacciante. Oltre a questo, pensiamo che sia un nostro diritto avere delle risposte e delle garanzie per quanto riguarda il nostro lavoro. Siamo personale altamente qualificato, formato, con delle competenze specifiche che verrebbero disperse».
«Le conseguenze sarebbero decisamente deleterie della mancata stabilizzazione sarebbero decisamente deleterie in un tribunale dove c’è una scopertura dell’organico del 50% – le ha fatto eco il collega Giuseppe Di Lella –. Il governo ha stanziato nella legge di bilancio fondi per la stabilizzazione solamente di un contingente: siamo qui per chiedere a gran voce la stabilizzazione di tutti i nostri colleghi e la continuità per l’organico, composto da figure qualificate, esperte e di grande supporto sia alla magistratura che al personale amministrativo, ma anche per chiedere chiarezza perché stiamo ancora aspettando che vengano pubblicati i criteri in base ai quali a seguito della procedura verranno assunte determinate persone e gli altri rimarranno a casa».

A febbraio, infatti, si è insediata una commissione che avrebbe dovuto stabilire i criteri per la stabilizzazione, ma di questi criteri ancora non c’è traccia nonostante i termini siano ampiamente scaduti. Mentre i precari combattono la loro battaglia per la stabilizzazione, intanto, sono stati banditi concorsi per l’assunzione di 370 funzionari UNEP e di 2.600 assistenti giudiziari. Concorsi che prevedono punteggi aggiuntivi per chi gli addetti all’ufficio del processo in servizio da almeno due anni con «meritevole servizio» e per chi è in servizio nell’amministrazione da almeno un anno con «lodevole servizio», ma che comunque non permetterebbero di mantenere i numeri attuali dell’organico. Senza contare che si parlerebbe di mansioni diverse da quelle di oggi, e soprattutto senza contare il rischio di conoscere i criteri per la stabilizzazione solo quando ci sarà già la graduatoria del concorso, trovandosi magari nella condizione di dover scegliere senza certezze.
«Da sempre la rivendicazione sulla stabilizzazione dei lavoratori e delle lavoratrici precari del PNRR è per la FP CGIL una battaglia importante – ha sottolineato il sindacalista Davide Farano -. Siamo consapevoli che il venir meno di questi lavoratori farà collassare nuovamente il sistema giustizia anche in provincia di Varese. Secondo i dati stimati dal Governo, solo un terzo di questi lavoratori dovrebbero essere stabilizzati: in un Tribunale come Busto, dove i lavoratori interessati sono 46, vorrebbe dire perderne 30. Non c’è solo il tema della perdita del posto di lavoro, già di per sé dirimente, ma soprattutto quello della perdita di professionalità del sistema giustizia».
E proprio perché a rischio non ci sono “solo” i posti di lavoro, ma la tenuta stessa del sistema giustizia, ai lavoratori in presidio hanno portato la loro solidarietà anche diversi magistrati e avvocati. «La mancata stabilizzazione sarebbe uno spreco di energie e di risorse – hanno ribadito dalla sottosezione di Busto Arsizio dell’ANM -: queste persone sono qui da anni, c’è stato un investimento di formazione. Il rischio è quello dell’impossibilità di gestire l’ufficio: noi stringiamo i denti perché ci crediamo, ma la bacchetta magica non la abbiamo. Ci è stato dato uno strumento, lo stiamo utilizzando e funziona, perché toglierlo?».
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