Assolto dal tribunale di Varese per l’accusa di truffa, ma l’Inps continua a chiedere la restituzione del reddito di cittadinanza
Secondo il legale del cittadino assolto dall'accusa di truffa è l’Inps stessa che deve riesaminare d’ufficio il proprio operato: «Se il fatto non sussiste mancano i presupposti per chiedere la restituzione delle somme"
 
																			
                        
						
						
						
						«Un cittadino assolto perché il fatto non sussiste continua a ricevere richieste di rimborso dall’Inps». A denunciare il caso “emblematico” è l’avvocato Pietro Saporiti di Varese, che ha reso pubblico un caso emblematico, segnalando una «disfunzione grave nei rapporti tra giustizia e Pubblica Amministrazione».
Secondo quanto riferisce il legale, un uomo era stato rinviato a giudizio con l’accusa di aver percepito indebitamente il reddito di cittadinanza. Dopo il processo, il Tribunale di Varese – sezione penale – lo ha assolto con formula piena, riconoscendo che non vi era dolo né falsa dichiarazione.
Nonostante la sentenza di assoluzione, però, l’Inps avrebbe continuato a chiedere la restituzione delle somme, sostenendo che, «in assenza di un ordine specifico del giudice», la sanzione amministrativa rimarrebbe valida.
L’avvocato Saporiti contesta questa posizione: «Posto che il giudice penale non può annullare un provvedimento amministrativo se non in casi eccezionali – e non è questo il caso – è l’Inps stessa che deve riesaminare d’ufficio il proprio operato, nel rispetto del principio di legalità e buon andamento sancito dall’articolo 97 della Costituzione».
Secondo il legale, l’ente previdenziale si sarebbe «trincerato dietro le proprie circolari interne, applicandole meccanicamente, come in un esperimento di obbedienza cieca – il celebre Milgram experiment – dove i soggetti eseguivano ordini senza valutarne il senso».
«Se il fatto non sussiste – conclude Saporiti – mancano i presupposti per chiedere la restituzione delle somme. È un principio elementare di diritto, oltre che di giustizia. Questo caso merita attenzione pubblica, perché quando la giustizia perde efficacia, il cittadino resta senza tutele».
L’avvocato Saporito ha fatto sapere di aver già per due volte impugnato le ingiunzioni che l’Istituto ha inviato al suo assistito.
Il Reddito di cittadinanza era una misura di sostegno economico introdotta in Italia nel 2019 dal Governo Conte I (con il decreto-legge n. 4/2019) per aiutare le famiglie in difficoltà economica e favorire il reinserimento nel mondo del lavoro. Consisteva in un sussidio mensile destinato a persone con redditi e patrimoni inferiori a determinate soglie, a condizione di aderire a percorsi di formazione o ricerca attiva di lavoro.
La misura è stata abolita nel 2023, sostituita dal Supporto per la formazione e il lavoro e dall’Assegno di inclusione, in vigore dal 1° gennaio 2024, con criteri più selettivi.
Le sanzioni penali per chi percepiva indebitamente il Reddito di cittadinanza erano severe: chi forniva dati o dichiarazioni false rischiava la reclusione da due a sei anni; chi ometteva informazioni dovute rischiava la reclusione da uno a tre anni, oltre alla restituzione delle somme indebitamente percepite e alla decadenza immediata dal beneficio.
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