“Diventeremo i babysitter dell’intelligenza artificiale?”
All’Università dell’Insubria di Como, nell’ambito di Festival Glocal, il giornalista Luca Tremolada e il professore Davide Tosi hanno raccontato come l’AI stia già trasformando scuola, università e redazioni
L’intelligenza artificiale non è più una promessa tecnologica: è una presenza quotidiana che interroga chi insegna, chi apprende e chi informa. Giovedì 30 ottobre, nell’Aula Magna dell’Università dell’Insubria di Como, si è tenuto un incontro denso e concreto – promosso all’interno di Festival Glocal – in cui Davide Tosi, professore di Sistemi di elaborazione dell’informazione, e Luca Tremolada, data journalist e firma de Il Sole 24 Ore, hanno affrontato le sfide dell’AI nella formazione e nel giornalismo. A moderare, il direttore di VareseNews Marco Giovannelli, che ha guidato il confronto mettendo in luce una domanda chiave: quanto spazio resta all’uomo nel tempo delle macchine pensanti?
Dalla ricerca alla didattica: l’università che si trasforma
Il professor Tosi ha tracciato un quadro dell’evoluzione recente dei sistemi intelligenti, dai primi chatbot al salto attuale verso agenti autonomi capaci di adattarsi e comunicare tra loro. «Siamo nella fase proto-darwiniana dell’intelligenza artificiale – ha spiegato –: i sistemi cominciano ad auto-adattarsi, ad auto-ottimizzarsi, ad apprendere da soli».
Sul fronte della didattica, l’Insubria si sta muovendo in modo pionieristico. Tosi ha mostrato progetti già attivi, come la segreteria virtuale capace di rispondere agli studenti su orari e regolamenti, e il gemello digitale di un docente, il suo, un avatar in grado di fornire risposte su corsi e lezioni. «Sono strumenti di supporto, non sostitutivi – ha precisato –. L’avatar non ha il vissuto e la sensibilità del docente. Ma può aiutare uno studente timido, o in difficoltà, a non restare indietro».
Un’evoluzione che comporta anche nuovi interrogativi giuridici e deontologici. «Se l’avatar sbaglia, di chi è la responsabilità?», si è chiesto il professore. «La legge italiana – ha ricordato – considera l’AI uno strumento: la responsabilità resta sempre di chi lo utilizza. Ma il punto non è solo legale: è formativo. Dobbiamo insegnare ai ragazzi a dubitare delle risposte delle macchine, a usarle con coscienza e spirito critico».
Il giornalismo nell’era delle macchine pensanti
Sul versante informativo, Luca Tremolada ha portato l’esperienza del Sole 24 Ore, tra le prime testate italiane a dotarsi di un codice di autodisciplina sull’uso dell’intelligenza artificiale. «Il principio è chiaro: human in the loop – ha detto –. Il giornalista deve essere all’inizio e alla fine del processo. Decide cosa dare in pasto alla macchina e controlla il risultato».
Tremolada ha spiegato come l’AI stia già modificando la routine redazionale: dagli strumenti di sintesi automatica per i social, fino agli assistenti che analizzano documenti, dati o dichiarazioni. «Non è fantascienza: io stesso utilizzo un modello linguistico privato installato sul mio computer, che mi aiuta a organizzare le informazioni. Ma la scrittura resta umana: il ritmo, l’ironia, l’empatia non si insegnano alle macchine».
Più che la sostituzione del giornalista, Tremolada intravede una trasformazione profonda dei ruoli. «Diventeremo babysitter dell’intelligenza artificiale: dovremo vigilare, correggere, guidare. Ma anche diventare più competenti, più capaci di unire i puntini. Il giornalismo del futuro sarà un lavoro di connessione e contesto».
Informazione locale e nuovi algoritmi
Un passaggio centrale del dibattito ha riguardato l’impatto delle nuove funzioni di ricerca – come AI Mode di Google – sull’informazione locale. Marco Giovannelli ha portato un esempio concreto: una ricerca su un tragico fatto di cronaca avvenuto ad Angera mostrava come le fonti locali, pur originarie della notizia, venissero oscurate o relegate in secondo piano dagli algoritmi. «La gerarchia delle fonti sta cambiando – ha osservato Giovannelli –. Se il motore di ricerca diventa un assistente intelligente, il rischio è che le testate locali perdano visibilità. Ma il valore del giornalismo di territorio resta unico: l’intelligenza artificiale non ha i sensi, non ha testimoni».
Tremolada ha concordato: «La cronaca locale non la tocca nessuno. Perché serve un testimone. Ma se vogliamo sopravvivere come sistema editoriale, dobbiamo diventare cinture nere delle notizie: capaci di dire ciò che gli altri non sanno, di dare valore, contesto e profondità».
Un nuovo patto con la conoscenza
In chiusura, Giovannelli ha sottolineato la necessità di affrontare il tema con responsabilità collettiva. «Non siamo di fronte a un’apocalisse – ha detto – ma a un salto culturale. L’intelligenza artificiale non va subita: va capita, discussa, regolata e usata con intelligenza. La conoscenza resta la vera leva democratica: chi la padroneggia, governerà il cambiamento; chi la ignora, ne sarà travolto».
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