Hybris domestica (e globale): la misura perduta e come possiamo ricostruirla
Hybris è una parola antica. Nei Greci indica l’eccesso che rompe la misura: l’umano che si fa più grande del limite, che umilia l’altro, che pretende l’impossibile come fosse dovuto. Nelle tragedie, dopo l’hybris arriva la nemesis: non solo “punizione”, ma restituzione dell’ordine, una chiamata alla realtà. Oggi quella coppia di parole ci serve più che mai. Anche qui, nel nostro piccolo mondo quotidiano

Una tavola di famiglia, tra Germania e Italia. A cena, mia sorella chiede alla nipote, che vive in Germania, e al suo compagno: “Come si vede lì la seconda presidenza Trump?”
Loro, che di solito stanno fuori dai toni della politica, dicono che stanno cambiando abitudini: leggono, cercano fonti, provano a capire. Aggiungono una cosa interessante: in Germania il racconto dei media sembra meno polarizzato rispetto a quello che leggiamo in Italia. Piccole differenze di tono che, sommate, fanno cultura. È già un primo invito a moderare la hybris nei nostri discorsi pubblici: meno estremi, più contesto. (Per approfondire, vedere Il Digital News Report 2025, che fotografa proprio questo: fiducia bassa e crescente fatica nel rapporto col giornalismo in molti paesi, con dinamiche diverse da mercato a mercato link).
Poi aggiungono: nel loro cerchio sociale quasi nessuno è favorevole all’approccio del presidente USA; “Ma è normale: abbiamo amici per lo più progressisti”. Anche questo è un promemoria: le bolle esistono ovunque, pure quando ci sembrano ragionevoli. La misura inizia riconoscendo i propri confini.
Hybris geopolitica: quando il potere prova a scavalcare gli argini. L’hybris non vive solo nelle case. La vediamo quando un attore politico pretende di riprogrammare le regole del gioco comune a colpi di annuncio, dazi, imposizioni unilaterali, “trattati lampo”, e perfino rilanci territoriali (vedi l’interesse degli Stati Uniti ad “acquisire” la Groenlandia, respinto con fastidio dal governo locale). Sono gesti che spingono i confini, mettono sotto stress gli organismi multilaterali, costringono gli alleati a reagire.
Nel 2025 il dossier commerciale USA-UE è oscillato tra minacce e accordi “di contenimento” (dazi generalizzati poi ricalibrati fino a un 15% medio come punto di equilibrio temporaneo). Anche questo è hybris come tecnica: alzare l’asticella per spostare la soglia di ciò che è “accettabile”. Nel frattempo, i dazi trasversali hanno iniziato a farsi sentire sul carrello: persino IKEA ha ritoccato i listini negli USA, segnalando il riverbero sui consumatori. E su altri tavoli globali (come l’Organizzazione Marittima Internazionale con sede a Londra), Washington ha affossato un tentativo di tassa mondiale sul carbonio per lo shipping: un altro esempio di “io oltre il limite comune”. Non è un giudizio morale: è descrizione di una dinamica. L’hybris spinge, la nemesis risponde: l’UE, per esempio, cerca contrappesi (dal commercio alla difesa, fino all’uso pro-Ucraina dei rendimenti sugli asset russi congelati), cioè nuove regole per reggere l’urto.
Hybris mediatica: quando il racconto supera la decenza. Torniamo alla cena. Mia sorella racconta l’oscenità di certi titoli e resoconti sull’ultimo femminicidio. Mia madre sospira: “Perché la morbosità vende, e i giornali, che sono business, lo sanno.” Ecco un’altra forma di hybris: oltrepassare la misura del rispetto pur di catturare attenzione. Non vale solo per la nera: succede su clima, guerra, migrazioni, salute. Il risultato è un pubblico stanco e disilluso, oppure esasperato e polarizzato, come mostrano vari dati comparativi sul rapporto tra cittadini e informazione. La nemesis, qui, è la responsabilità nostra: che titoli clicchiamo, cosa condividiamo, quali fonti sosteniamo.
Hybris domestica: il potere che uccide in casa. La hybris più devastante, però, la vediamo nelle relazioni: partner che non tollerano il limite, padri che trasformano la perdita di controllo in annientamento. È l’idea mortifera che “senza di me, tu non devi esistere”. In Italia i dati di contesto aiutano a capire. Sul lungo periodo gli omicidi maschili sono calati molto, mentre quelli di donne restano relativamente stabili; e, tra le donne uccise, la quota in ambito familiare/affettivo è preponderante. Non sono “numeri di internet”: sono letture istituzionali (ISTAT; report settimanali del Viminale) che ci mettono davanti a un fenomeno strutturale, non a una sequenza di casi isolati.
In parallelo, alcuni osservatori segnalano una povertà di dati ufficiali tempestivi sul fenomeno specifico dei femminicidi (categoria giuridicamente non univoca), con monitoraggi non sempre aggiornati: un limite informativo che andrebbe colmato se vogliamo politiche pubbliche efficaci. Anche qui la nemesis non è il tuono dagli dèi: sono registri, definizioni, raccolte dati fatte bene.
Perché succede? Tre lenti che ci aiutano a capire. La prima, modelli antichi di potere e virilità (possesso): l’altro come proprietà, non come soggetto. La seconda, il narcisismo diffuso, amplificato dai social: identità appesa allo sguardo altrui; il rifiuto diventa rovina del sé. Infine, l’assenza di educazione al limite: non insegniamo più la frustrazione come passaggio di crescita; la viviamo come offesa. Queste tre lenti non “assolvono”, ma spiegano il terreno su cui attecchisce l’hybris domestica.
Una nemesis luminosa: il caso Cecchettin. In questo quadro, la testimonianza di Gino (papà) Cecchettin è una nemesis “buona”: non vendetta, ma restituzione di misura. Quel padre ha trasformato il dolore in servizio: libri, incontri nelle scuole e nei teatri, lavoro educativo sulla cultura del rispetto e sull’alfabeto emotivo. È un esempio concreto di come dalla tragedia possa nascere un’azione civile che irrobustisce la comunità.
E allora, come sempre, ci chiediamo che cosa possiamo fare, noi. Non molto, o forse tantissimo. In primis, allenare la misura nel linguaggio. A tavola, sul lavoro, online: evitare iperboli facili, distinguere fatto e opinione, riconoscere i nostri “cerchi” (le bolle). È il primo antidoto all’hybris. Poi, scegliere media responsabili. Premiare con letture e abbonamenti chi costruisce contesto e rifiuta la pornografia del dolore. La nemesis del cattivo giornalismo è un buon pubblico. È importante educare al limite (fin da piccoli). Portare nelle scuole l’educazione affettiva ed emotiva (sveglia!), l’errore, la frustrazione, il dissenso: non come colpe, ma come palestra di umanità. (Dove si è arretrato, serve avanzare). Inoltre, bisogna rendere visibile ciò che i dati dicono (e ciò che manca). Chiedere dati migliori, condividere quelli esistenti, sostenere chi li raccoglie. Senza numeri seri, restano soltanto gli estremi del talk show. Infine, riconoscere la hybris in noi. Non solo “loro”: noi. Ogni volta che vogliamo “averla vinta”, senza misura. La nemesis comincia da un millimetro di autocontrollo.
La hybris non finisce con i tiranni: entra nelle case e nei nostri pollici che scorrono un feed. La nemesis, oggi, non è Zeus: siamo noi quando ricostruiamo contesto, limiti buoni, dati, educazione e gesti. E forse, proprio da un tavolo di famiglia, la misura può tornare a insegnarci a stare al mondo, lasciando che la vita decanti, perché diventi più limpido ciò che sta attorno.
Post scriptum:
CODICE DI DIRITTO AFFETTIVO
Art. 12 – Responsabilità del custode di beni intimi
- Oggetto della custodia: intimità condivisa, immateriale. Mani giunte.
- Custodire con diligenza, astenendosi da uso personale non autorizzato. Giù le mani, giù o tagliate.
- Preservare come se fosse l’ultimo, donare la vita in caso di estinzione. Mani in pasta o in cucina.
- Impedire accessi da terzi, nel dubbio occasionali. Mani pugni o carezze.
- Risponde anche per oblio, non c’ero e fretta. Mani di Pilato o pulite.
- Non opponibili all’affidante presunti difetti, ivi comprese ferite del tempo. Mani strette o in attesa.
- Risponde anche dei sogni abortiti, a meno che non li abbia cresciuti. Mani in fuga o in seno.
- Per conservazione straordinaria, verificare compatibilità cardiaca, aritmia congenita. Mani nude o arrese.
- In casi di emergenza, il custode potrà procedere agli interventi, conformi alle sensibilità irrinunciabili. Mani mozze o tese.
- Al termine della custodia, restituire nel luogo, nel tempo e con le modalità indicate dal soggetto affidante, salvo casi di felicità recidiva. Mani per caso o per sempre.
- Ogni controversia sarà deferita, salvo casi solitari, alla tavola degli amici dove tutto è iniziato.
Mani leste o miracolose.
Mani ovunque.
Non mi bastano mai le tue.
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