Angera e i 57 siti del museo diffuso che «raccontano quattordicimila anni di storia»
Ospiti della puntata de "La Materia del giorno" Giacomo Baranzini e Anna Bernardoni, che spiegano come una città intera diventa, di giorno in giorno, un museo a cielo aperto
Il museo di Angera è molto di più di un edificio. Dalle colline di San Quirico fino alla frazione di Capronno, passando naturalmente per il lungofiume: luoghi, storie, percorsi che compongono un grande racconto all’aperto e millenni di storia.
Proprio per questo il Museo è diffuso e si estende su tutto il territorio del paese affacciato sul Lago Maggiore. Nella puntata di oggi, martedì 25 novembre, de La Materia del giorno, l’assessore alla cultura e al turismo della città Giacomo Baranzini e Anna Bernardoni, curatrice del Museo Archeologico, hanno spiegato che cosa significa parlare di museo diffuso e come questa idea abbia cambiato il modo di leggere il territorio.
«Abbiamo sparpagliato la collezione in giro per Angera» ha detto Baranzini, sintetizzando il cuore del progetto: creare un’unica narrazione utilizzando cartellonistica, mappe e un linguaggio condiviso che permette di seguire un percorso museale camminando nella città. Oggi i punti del museo diffuso sono più di cinquantasette, ciascuno con un frammento di storia, e insieme formano uno storytelling continuo, simile a quello di una mostra ma distribuito nel tessuto urbano.
Il museo diffuso non è solo un elenco di luoghi, con i conseguenti: è un modo per dare un senso ai punti della città, come ha spiegato l’assessore. «Ora stiamo cercando di creare itinerari tematici, perché non serve vedere tutto. Si possono costruire percorsi diversi, legati a ciò che si vuole approfondire». L’obiettivo è allargare lo sguardo oltre le mete più note e valorizzare anche gli angoli minori, quelli che raccontano l’identità quotidiana del borgo.
Bernardoni ha ricordato che il museo diffuso nasce da un’idea forte: l’identità di Angera come intreccio di storia, paesaggi e tradizioni. «Angera ha una frequentazione di quattordicimila anni» ha spiegato, «e una comunità molto radicata». In origine il progetto era nato dalla carta archeologica, ma è cresciuto grazie ai cittadini: «Gli angeresi ci hanno portato luoghi, foto, testimonianze. Il museo diffuso è diventato una mappa di comunità».
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