I sindacati dei frontalieri contro il decreto sulla tassa della salute: “Andremo alla Consulta”
La tassa è contestata perché ritenuta in contrasto con il trattato Italia-Svizzera e con le regole OCSE
I sindacati dei frontalieri annunciano battaglia contro la cosiddetta “tassa della salute” e si dicono pronti a ricorrere alla Corte Costituzionale. La presa di posizione arriva dopo la pubblicazione, sulla Gazzetta Ufficiale del 18 dicembre, del decreto attuativo con cui il Ministero della Salute, di concerto con il MEF, dà mandato alle Regioni di applicare il prelievo sulle retribuzioni nette dei cosiddetti “vecchi frontalieri” che lavorano in Svizzera.
La presa di posizione delle organizzazioni sindacali
Le organizzazioni sindacali – CGIL, CISL, UIL insieme a UNIA, OCST, SYNA, VPOD e SYNDICOM – spiegano di aver preso atto «dell’indisponibilità al ritiro del provvedimento o a una sua modifica sostanziale», più volte richiesta nei mesi scorsi. Una chiusura che, secondo i sindacati, lascia ancora oggi nell’incertezza migliaia di lavoratori frontalieri, a causa dell’indeterminatezza delle modalità applicative della tassa.
Le criticità contestate
Il decreto attuativo consente ora alle Regioni Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta e alla Provincia autonoma di Bolzano di introdurre la quota di compartecipazione familiare annua, ma senza chiarire in modo definitivo quantità e modalità del prelievo, che resta collocato in una forbice tra il 3 e il 6 per cento. Restano inoltre confermate la retroattività al 2024, il raddoppio delle sanzioni in caso di omesso versamento e la destinazione del gettito al personale sanitario, mentre i riferimenti a nuovi modelli di welfare restano generici e demandati a successivi atti regionali.
Il ricorso alla Corte Costituzionale
Alla luce di questo quadro, i sindacati annunciano che procederanno al ricorso presso l’Autorità giudiziaria per adire la Corte Costituzionale. L’obiettivo è accertare eventuali profili di incostituzionalità e contrastare quella che viene definita una doppia imposizione sui redditi da lavoro, «in spregio alle disposizioni dei Paesi OCSE» e in direzione opposta rispetto al trattato internazionale contro le doppie imposizioni firmato tra Italia e Svizzera nel dicembre 2020.
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