Il Teatro del Popolo non esiste più
Una delle architetture più belle dell'Art Nouveau è stata smantellata nel silenzio e nel tacito consenso dell'amministrazione

La mostra era stata organizzata dall’unione di quattordici grandi città europee che avevano costituito una “….rete di cooperazione per studiare, salvaguardare e valorizzare il patrimonio dell’Art Nouveau e rendere così partecipe il grande pubblico a questo fenomeno culturale”…( come diceva “Varese e Provincia”, nel suo bollettino di informazione); un fenomeno che fu architettonico e di design e ha unito l’Europa sul finire dell’ottocento e nella prima e seconda decade del novecento..
La scelta di Busto Arsizio per l’esposizione europea non fu casuale, la città, grazie al lavoro dell’architetto Silvio Gambini è ricca di manufatti architettonici, abitativi e industriali, in sintonia con la cultura Liberty.
Così, nel mentre la città veniva ancora di più valorizzata per l’ampio patrimonio architettonico di cui è ricca, i nostri solerti amministratori, ignari di tanto patrimonio e del valore culturale che esso comporta, dediti soltanto rincorrere tradizioni celtiche o riti attorno alle acque del fiume Po, piuttosto che alle più antiche radici storiche della città, permettevano ulteriori abbattimenti.
Basti ricordare la palazzina uffici della vecchia e storica ditta Pensotti di via Manara (progetto del 1911), o la delicata palazzina di lato al nuovo tribunale in Largo Giardino, giù sede del circolo dei Signori e abbiamo due esempi concreti di come il bla bla bla del dire sia così poco accompagnato da concreti fatti.
Il “Teatro del Popolo” di via Cairoli, attiguo alla sede della Cooperativa Operaia di Produzione e Lavoro, nata nel 1897 e che lungo tutta la prima meta del novecento (sino agli anni ottanta) ha costruito per Busto e Valle Olona sedi di cooperative di consumo, case popolari per lavoratori, spacci per la vendita del vino, una piccola banca e persino un albergo, per poi confluire negli anni ottanta nella più grande COOP Lombarda, ora non esiste più.
Smantellato nel silenzio e nel tacito consenso di un’amministrazione attraverso una sua municipalizzata, l’AGESP, che ne era proprietaria.
La logica, in ragione di questo stato di fatto, avrebbe posto il problemi della salvaguardia, proprio perché il bene era ricco di così tanta storia ma i nostri amministratori hanno percorso solo la via economica, indifferenti al bene storico e alle diverse sollecitazione emerse attorno ai piani attuativi della zona.
I tanti paladini del federalismo e del localismo intendono questi problemi solo sul piano economico perché promettono introiti in oneri di urbanizzazione, cosi da poterli riutilizzare per le tante e spesso inutili rotonde stradali o peggio per contribuire alla realizzazione di futuri “palazzetti del ghiaccio” (sich!) che come il Palasport Piantanida farà solo brutta mostra di sé nel verde di una ormai stravolta campagna di periferia.

La sete cementizia sembra essere, invece, l’interesse più forte, a discapito della futura vivibilità dei cittadini bustesi.
Così, il Teatro del Popolo, oggi non c’è più.
La sua storia insieme a quella della Cooperativa Edificatrice di Produzione e Consumo di Busto Arsizio, ricostruita da Alberto Brambilla e Carlo Magni è relegata in un piccolo libro edito dalla UNICOPLI e dalla stessa Cooperativa in occasione del novantesimo di Fondazione della Cooperativa Edificatrice, riposa negli scaffali di qualche libreria.
Momentaneamente l’edificio che legava teatro e sede Cooperativa è ancora in piedi, anche in ragione di un momentaneo impedimento nelle strutture architettoniche. Sono passati più di cento anni dalla sua costruzione, in ragione di tanta storia e di altrettanta umanità si vorrà dare seguito ad una sua ormai parziale salvaguardia o restano vincenti le ragioni del bla bla bla politichese più che la storia di tanta umanità?
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