Due anni e 8 mesi la condanna a Varese per maltrattamenti in famiglia, “ma non è un padre padrone”
L'uomo assolto dall'accusa di violenza sessuale. Quasi dimezzata la pena richiesta dal pubblico ministero. La difesa annuncia il ricorso in appello

È di due anni e otto mesi la condanna per una serie di maltrattamenti in famiglia per i quali è a processo un uomo di origini siciliane residente assieme alla compagna e ai figli ai tempi dei fatti in un paese dell’Alto Varesotto.
Lo ha deciso giovedì mattina il Collegio giudicante di Varese presieduto da Andrea Crema. La vicenda si riferisce a una serie di denunce sporte dalla compagna che ha accusato l’ex di maltrattamenti in famiglia con epiteti irripetibili rivolti alla donna e ad episodi di violenza (anche assistita dai figli), oltre a rapporti sessuali non consenzienti.
Nella sua requisitoria, tuttavia, il pubblico ministero Federica Recanello ha escluso la violenza sessuale (il capo B delle imputazioni), chiedendo l’assoluzione, mentre invece al pena richiesta per i maltrattamenti era di 5 anni.
Una posizione che era stata mutuata dalla parte civile (avvocato Claudia Cornacchia) e invece rigettata dal difensore dell’imputato, l’avvocato Simona Ronchi, che aveva chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste o in subordine per il non raggiungimento della prova.
La sentenza è arrivata attorno alle 13.30 dopo una camera di consiglio di una ventina di minuti, e alla parte civile è stata concessa la quantificazione del danno in sede civile: l’imputato dovrà inoltre pagare le spese processuali, mentre è stato asolto, come richiesto da Pm e difensore, dal reato di violenza sessuale.
«Ricorreremo in appello», è stato il commento della difesa che in sede di discussione aveva sostenuto che l’uomo non sia da considerarsi come un «padre padrone», espressione utilizzata nel corso del processo r più volte dalla stessa vittima.
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