«Ho visto i volontari di Emergency salvare un bambino saltato su una mina»
Giuseppe Villarusso, responsabile nazionale dei volontari di Emergency, parla di due dei tre cooperanti arrestati in Afghanistan e sarà a Busto questa sera per un convegno sui diritti dei migranti
Giuseppe Villarusso ha 54 anni, da quasi 9 anni lavora con Emergency, e attualmente è il referente dei volontari in Italia, 4000 persone che hanno deciso di dedicare parte del loro tempo e della loro conoscenza, in maniera del tutto gratuita, a questa importante associazione. QUesta sera (venerdì) sarà a Busto per un convegno sui diritti agli stranieri nel nostro Paese.
«Ho visitato tutti i progetti dell’associazione dalla Cambogia all’Afghanistan, così come nella Repubblica Centrafricana e in Sudan». Quattro anni fa ha visto l’orrore afghano e ricorda bene due dei tre cooperanti attualmente in mano alla Polizia afghana con una non meglio precisata accusa di terrorismo che pende sulle loro teste: i tre nomi stanno facendo il giro del mondo e sono Marco Garatti, Matteo Dell’Aira e Marco Pagani. I primi due, Garatti e Dell’Aira, sono volontari da più tempo: «Li conosco benissimo e quando non sono in missione sono qui in ufficio. Non conosco Matteo Pagani. Faccio fatica a credere che qualsiasi persona che fa questo tipo di scelta possa fare del terrorismo – spiega Giuseppe Villarusso – Ho assisttito ad un’operazione fatta da Marco Garatti durata 6 ore. Salvò la vita ad un bambino saltato su una mina. Matteo Dell’Aira invece è stato responsabile infiermeristico, ha una grande esperienza ed è stato anche in Sudan».
Emergency è presente in Afghanistan con 3 ospedali e 25 ambulatori. Per primo è nato il centro di Anabar nel Panshir grazie alla protezione del generale Massoud, poi ucciso dai Taliban, poi è nato l’ospedale di kabul e, infine, nel 2004 a LashKar Gan. Questa struttura, nella quale sono stati arrestati i tre italiani insieme a sei afghani, è posta in un luogo molto pericoloso e particolare. Altissimo analfabetismo, persone che scrivono e leggono per gli analfabeti. L’ospedale è di grandissima utilità proprio perchè è l’unico in tutta l’area. Il clima propina giornalmente 55 gradi di giorno e 40 di notte: «Una vera missione per dare sanità gratuita e di qualità – spiega Villarusso – Il controllo del territorio non è assicurato in quella zona. La cosa che ci preme di più è curare le persone indipendentemente dalla parte che difendono. Il 40% dei 66 mila interventi annui a Lashkar Gan sono effettuati su bambini. Sono 2,5 milioni le persone curate dal ’99 ad oggi. Persone di tutti i clan. Abbiamo dato possibilità a queste persone di riprendere a vivere, lavorare, giocare, studiare».
Ed è questo quello che più conta per Emergency che, oltre a salvare vite, forma personale locale: «Facciamo formazione dello staff locale, ci sono circa 180 afghani che conducono l’ospedale solo a Lashkar Gan, in parte preparate da noi. Solo 8 o 9 sono cooperanti di Emergency. Ottocento famiglie afghane sono stipendiate grazie ad Emergency. Questo è il nostro modo di lavorare». Gli operatori umanitari stranieri stanno in missione dai 4 ai 6 mesi. Non partono tirocinanti ma solo persone già preparate professionalmente e disponibili a missione lunga, «l’obiettivo è esportare sanità e non democrazia – continua Villarusso – Ogni 3-4 mesi partono 60-70 persone che vanno a coprire i turni, altrettanto fanno le famiglie di queste persone. Quando tornano, dopo un mese vogliono ripartire subito. Sentono di dover tornare immediatamente perchè sentono di tornare a servire la vera missione per la quale si è studiato. Si ritorna ad occuparsi della persona e non dei bilanci. Quando ci accusano di curere i Talebani bisognerebbe ricordarsi del giuramento d’ippocrate. La carta dei diritti dell’uomo vale anche per loro.».
La sicurezza non è più una certezza per gli operatori dell’associazione che sta rivalutando la sua presenza almeno a Lashkar Gan. Se non c’è sicurezza non si può mandaare personale perchè mergency ne è direttamente responsabile: «Da sabato alle 12 non sappiamo come va avanti l’ospedale. Dal momento in cui entrano persone armate non ha più senso chiamarlo ospedale».
Giuseppe Villarusso sarà a Busto Arsizio questa sera per presenziare ad un incontro organizzato dal comitato locale di Emergency e domani a Roma è prevista la manifestazione in piazza San Giovanni: «Questa sera non vogliamo togliere spazio anche alle altre presenze. Dobbiamo imparare a convivere con le emergenze,continuiamo ad impegnarci anche su altri fronti. Parlare di migranti che non hanno dei diritti è direttamente collegato al problema dell’Afghanistan. Noi stessi siamo migranti, un’associazione migrante che gira per il mondo».
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