Crac Pro Patria, in tre andranno a giudizio
Chiuse ufficialmente le indagini da parte della Procura. Insieme a Zoppo, accusato di bancarotta fraudolenta, truffa, appropriazione indebita richiesto il giudizio anche per i fratelli Ceravolo accusati di bancarotta documentale per l'acquisto di Do Prado
Sarà firmata entro 20 giorni la richiesta di rinvio a giudizio nei onfronti di Giuseppe Zoppo, accusato di bancarotta fraudolenta, appropriazione indebita, truffa e reati fiscali durante la gestione della società calcistica Pro Patria tra il 2008 e il 2009. L’avviso di conclusione delle indagini è stato depositato ieri, lunedì, ma nel registro degli indagati l’ex-patron dei biancoblù, da poco scarcerato, è in compagnia di Franco e Dino Ceravolo, padre e figlio che contribuirono alla creazione della squadra dell’anno scorso: per loro l’accusa è della sola bancarotta documentale per aver presentato una richiesta creditizia da 450 mila euro dopo il fallimento della società sportiva avvenuta nell’aprile scorso. La richiesta creditizia riguardava le provvigioni per l’acquisto del giocatore Do Prado nel novembre 2008. Spetterà quindi al gup in sede di udienza preliminare decidere se archiviare o mandare a processo gli accusati.
Anche la procura della Federazione Gioco Calcio ha richiesto gli atti prima e dopo il fallimento per aprire un’inchiesta.
Franco Ceravolo, per tredici anni dirigente nella Juventus targata Moggi, poi con esperienze varie presso Queen’s Park Rangers (particolare curioso: la squadra inglese ha la stessa maglietta della Pro Patria…), Spezia, Crotone e Livorno, è oggi direttore generale dell’Arezzo, il team sul cui campo la Pro Patria ha strappato un punto proprio domenica scorsa. Suo figlio Dino è stato uno dei protagonisti nella costruzione dello squadrone di Franco Lerda che l’anno scorso (stagione indimenticabile nel bene e nel male) arrivò a giocarsi con il Padova la serie B. Ma proprio l’esito finale, e la fuga di massa dei giocatori che pure per mesi avevano continuato a battersi sul campo pur non ricevendo il becco d’un quattrino, alla tifoseria non sono andati giù, e ad Arezzo sono piovuti fischi impietosi.
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