Quando Varese ha perso l’occasione di comprarsi una scultura di Arnaldo Pomodoro
Il ricordo di Renzo Dionigi, primo Rettore dell'università dell'Insubria, che nell'anno della fondazione portò in Ateneo, e in piazza Repubblica, una mostra del grande artista appena scomparso. Ma nessuno decise di tenere in città la splendida opera...

Pubblichiamo il ricordo di Renzo Dionigi, primo Rettore dell’università dell’Insubria, che nell’anno della fondazione portò in Ateneo una mostra del grande artista appena scomparso, e l’opera Sfera su Sfera in piazza Repubblica. Un’opera poi che nessuno decise di tenere
Nel 1998, anno di fondazione del nostro Ateneo, mi ero proposto di realizzare qualcosa d’importante per la nostra Università e, di riflesso, per la città di Varese: una grande mostra d’arte!
Con l’aiuto di una cara amica, Piera Corsini “la sciura Piera del Lago”, figura insostituibile nel panorama culturale locale, nel giro di ventiquattro ore riuscimmo a convincere Arnaldo Pomodoro ad allestire una mostra con le sue opere più importanti.
Perché proprio Pomodoro? Quando nel 1992 il Trinity College dell’Università di Dublino conferiva la laurea honoris causa in lettere ad Arnaldo Pomodoro, giungeva a un primo compimento il lungo fervido rapporto che da sempre il grande artista italiano ha intrattenuto con l’Università. Sin dalla metà degli anni Sessanta, al tempo dei primi riconoscimenti internazionali, la scelta di Pomodoro è assai netta.
Nel 1966-67 è artist in residence alla Stanford University e subito dopo negli anni movimentati di fine decennio visiting professor all’Università di California a Berkeley. Qui nasce, tra l’altro, una delle sue prime grandi mostre di scultura, nel 1970, che passa in seguito ad altri prestigiosi musei americani.
Per Pomodoro l’arte è, anche, necessariamente insegnare l’arte e ristabilire il clima fervido della bottega, bottega di idee prima ancora che di tecniche, entro il perimetro della scuola per eccellenza l’Università, un perimetro che egli non avverte come separazione, linea di confine, ma come laboratorio aperto alle idee e alle suggestioni della vita della società, del mondo.
Sul quotidiano La Prealpina dell’epoca compare il titolo a tutta pagina: Colpo grosso di Renzo Dionigi, pro rettore dell’Università: una mostra del più celebre scultore contemporaneo per celebrare l’inaugurazione dell’anno accademico: ARNALDO POMODORO, CAPOLAVORI IN PIAZZA. Varese come New York. I bozzetti dell’artista al Castello di Masnago.

In effetti, non ad altri se non Arnaldo Pomodoro, dottore al Trinity College, Socio onorario di Brera e Accademico di San Luca, la nascente università dell’Insubria poteva dunque chiedere di voler testimoniare in modo eloquente che proprio il rapporto tra la cultura viva, quella degli studi e degli ateliers, e l’Università, è il reagente prezioso dal quale scaturiscono il progresso e la civilizzazione.
L’Università dell’Insubria, figlia ultima della plurisecolare tradizione degli Studi italiani, nasce allo scorcio del millennio proiettata nel prossimo. Nessuno meglio di Arnaldo Pomodoro, archeologo di segni che guardano al futuro poteva offrirle un viatico più appropriato.
L’inaugurazione della mostra avvenne il 6 dicembre e subito a Varese circolò la voce: «E se ci
comprassimo un Pomodoro?». Infatti, quando la folla degli invitati alla cerimonia d’inaugurazione dal rettorato si spostò in piazza della Repubblica, l’idea già circolava liberamente tra i capannelli raccolti all’ombra delle Quattro stele (1997) e attorno alla grande Sfera con sfera (1991), tirata a lucido sotto l’occhio esigente del maestro.
Fu una grande mostra: oltre alle Quattro stele e alla Sfera con sfera installate in piazza della Repubblica, la produzione grafica (la Serie dei Sogni) era esposta in rettorato; le sculture (dischi, stele, porte, scudi, colonne) e i progetti visionari, una trentina in tutto, nelle sale del Museo d’arte moderna e contemporanea.
Ma Varese perse la grande occasione di acquisire la Sfera con sfera. Che peccato! Diceva bene l’amico Luigi Zanzi, che si è sempre considerato un “esiliato in patria”, e che con passione ha sempre cercato di imprimere una svolta al futuro di Varese: «L’unica cosa che spesso manca in questa città è la prontezza di riflessi per cogliere occasioni altrimenti destinate a svanire».
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