Il sindaco Gianpietro Ballardin assolto a Varese dalle accuse di falso e peculato
Per il giudice “il fatto non sussiste”. Condannato l’ex capo dei vigili Ettore Bezzolato ad una pena ridotta rispetto a quanto chiesto dal pubblico ministero

Non sussiste il falso ideologico in atto pubblico, neppure l’accusa di concorso in peculato: l’attuale sindaco di Brenta Gianpietro Ballardin esce assolto dal processo che l’ha visto imputato insieme all’ex capo della polizia locale Ettore Bezzolato, condannato invece a due anni e dieci mesi, una pena più lieve rispetto a quanto chiesto dal pubblico ministero.
Si chiude dunque per l’attuale sindaco di Brenta, dopo dieci anni, il procedimento penale che vedeva imputato l’amministratore pubblico (che venne arrestato per un caso che ebbe grande eco mediatica anche alla cassa di risonanza sfruttata da alcune parti politiche).
«Aveva passato alcuni giorni ai domiciliari, ma il Gip lo aveva liberato già a seguito dell’interrogatorio di garanzia, con una argomentazione che accoglieva già allora le nostre osservazioni di merito», spiega il legale di Ballardin, l’avvocato Marco Mainetti.
«Il dibattimento», continua Mainetti, «ha confermato che la condotta di Ballardin non aveva in alcun modo aiutato Bezzolato ad eludere le investigazioni in corso, come considerato dagli operanti della Finanza, secondo una logica di mero sospetto, che non ha trovato poi alcun riscontro dibattimentale».
Due anni e 10 mesi, si accennava, invece per l’altro imputato nel processo, l’ex comandante dell’ufficio comune del Medio Verbano Ettore Bezzolato che era chiamato a rispondere falso ideologico in atto pubblico, peculato, concussione legati alla gestione delle multe e dei fondi della cassa economale e di alcuni servizi esterni svolti sul territorio. Per i fatti contestati a Bezzolato (anch’egli finito in manette) il pubblico ministero aveva chiesto una condanna di 3 anni per soli due capi d’imputazione legati all’accusa di peculato, limitatamente agli anni 2013 e 2014. Per alcuni capi d’imputazione sempre la Procura aveva chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste.
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