Frame Project, un tetto e un futuro per i bambini degli slum di Mumbai
Il fondatore di Frame Project racconta vent’anni di viaggi, accoglienza, cinema e diritti dell’infanzia: una storia che unisce Varese all’India
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A volte una vita cambia in un istante. Basta un incontro, una porta che si apre, una città che ti travolge. Per Alessandro Leone, insegnante, filmmaker e fondatore di Frame Project, quell’istante è arrivato nel 2004, tra le strade polverose e affollate di Mumbai. È lì che ha trovato la sua missione: restituire futuro ai bambini che nelle megalopoli del Sud del mondo il futuro non sanno nemmeno immaginarlo.
Lo ha raccontato Alessandro Leone ai microfoni di Soci All Time, la trasmissione di Radio Materia realizzata con CSV Insubria.
Tutto parte dall’incontro con un missionario indiano. Alessandro lo segue a Mumbai e scopre un mondo fatto di contrasti estremi: la città dei grattacieli e delle baraccopoli, dei ventiquattro milioni di abitanti e delle migliaia di bambini che crescono lungo i binari delle stazioni. È qui che nascono le prime case di accoglienza della Good Samaritan Mission, gli ashram dove ai più piccoli viene garantito un tetto, cure e soprattutto scuola.
«In quei contesti – racconta Leone – i bambini fanno tutto loro: riescono a darti senso quando intorno c’è il caos. E lì ho capito che volevo restare, impegnarmi, tornare ogni anno». Dall’esperienza nasce nel 2013 l’associazione Frame Project, inizialmente una onlus fondata insieme ai suoi studenti del liceo di Gallarate, oggi organizzazione di volontariato con un direttivo di sette persone.
Il tempo, intanto, cambia anche Mumbai: la gentrificazione avanza, gli slum si restringono e la convivenza tra povertà e nuovi palazzi diventa più pericolosa. Per questo la missione ha aperto altre case, tra cui una grande struttura a Kalyan, immersa nel verde. È lì che Frame Project sta lavorando a un nuovo obiettivo: acquistare uno scuolabus per accompagnare in sicurezza i bambini.
Accanto all’India, Leone porta con sé anche un pezzo d’Africa: l’esperienza in Zambia, nei villaggi colpiti da povertà ed epidemie, dove il lavoro missionario passa attraverso autosostentamento e microprogetti. Due mondi diversi, dice, ma un filo comune: «La conoscenza di un luogo altro ti fa conoscere meglio te stesso».
Da insegnante e filmmaker, durante la pandemia ha trasformato le conversazioni a distanza con i suoi studenti e con la missione di Mumbai in un dialogo parallelo che è diventato un film. Nasce così “Outir”, presentato durante il Festival Glocal dopo essere passato con un titolo provvisorio nella sua prima edizione. Il documentario ha poi girato il mondo, ottenendo oltre 200 riconoscimenti, molti proprio in India. «L’ultimo premio l’hanno ritirato loro, a Mumbai. Mi hanno videochiamato mentre ero a scuola. Un momento magico», ricorda.
Oggi Frame Project sogna di portare una delegazione di ragazzi in Italia, per far incontrare due mondi che da anni si parlano attraverso viaggi solidali, cinema e volontariato. «Sarebbe un dono per tutti», dice Leone. Nel frattempo l’associazione continua a lavorare, perché ogni bambino possa trasformare un destino segnato in una possibilità.
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