Da 25 anni accanto a chi affronta la malattia: l’impegno dei volontari di Fondazione Insieme con Humanitas

Un modello di cura integrata, oltre 350 volontari in 6 ospedali per supportare pazienti e caregivers, in alleanza con medici, infermieri e staff. In Humanitas Mater Domini, la storia di Elena concretizza il valore di una voce calma, un sorriso e l’ascolto in ospedale

Fondazione Insieme con Humanitas

Compie 25 anni Fondazione Insieme con Humanitas, organizzazione di volontariato che supporta pazienti e caregivers negli ospedali Humanitas di Castellanza, Rozzano, Milano, Bergamo e Torino.

Nata grazie all’impegno di Giuliana Bossi Rocca – oggi Presidente Onorario –, la Fondazione conta più di 350 volontari attivi in 6 ospedali Humanitas. Da oltre 10 anni, dal 2012, il volontariato è entrato anche in Humanitas Mater Domini, sotto la guida di Mariolina Belloli, oggi coordinatrice di 41 volontarie e volontari, ossia persone che dedicano il proprio tempo ai pazienti e ai loro famigliari, portando sollievo in un momento delicato come quello della malattia.

Presenti nelle diverse aree dell’ospedale – dal Pronto Soccorso alle accettazioni, dagli ambulatori ai reparti – i volontari accompagnano i pazienti nei percorsi di cura e, in un lavoro di squadra con i professionisti, contribuiscono a restituire loro la percezione di essere riconosciuti come persone e non solo come malati.

«Chi entra in ospedale si trova in un momento di fragilità e, spesso, si sente confuso – afferma Rosa Clara Manduzio, Presidente di Fondazione Insieme con Humanitas –. Essere accolti dai volontari permette di ridurre il livello di agitazione: la loro presenza e il loro accompagnamento contribuiscono a rendere la permanenza in struttura la più serena possibile. Fondazione Insieme con Humanitas è nata proprio per proteggere e migliorare la qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari in un momento delicato come quello della malattia, in cui spesso questa qualità viene compromessa».

Una figura, quella del volontario ospedaliero, sempre più importante e che diventa strategica nell’affrontare le sfide delle nuove dinamiche sociali: invecchiamento della popolazione e solitudine.

Mio nonno era uno dei fondatori di questo Istituto e sono cresciuta tra queste mura. In tutti questi anni ho potuto vedere l’evoluzione della cura e delle esigenze emotive dei pazienti, che apprezzano sempre di più il conforto e il supporto umano. In un’epoca sempre più digitalizzata, il valore del volontariato, soprattutto ospedaliero, è significativo: la presenza fisica in momenti così delicati è preziosa, abbatte barriere, anche per i pazienti più fragili e anziani. Non posso che ringraziare la mia squadra, oltre 40 persone che ogni giorno scelgono di dedicare il loro tempo al prossimo e che si sono integrate perfettamente alle dinamiche ospedaliere, divenendo sempre più riconosciuti e alleati preziosi nel percorso di cura dei pazienti”, racconta Mariolina Belloli, coordinatrice del volontariato in Humanitas Mater Domini.

Quando il volontariato diventa presenza preziosa, la storia di Elena: tredici anni di ascolto e di forte motivazione in Humanitas Mater Domini

Il valore dell’ascolto e il significato di “scegliere” di diventare volontaria. Sono questi i messaggi racchiusi nella storia di Elena, presente da tredici anni in Humanitas Mater Domini, che ha tratto dalla sua storia personale la motivazione più profonda per fare del bene, ogni giorno, ai pazienti che si trova di fronte.

“Tredici anni fa, per caso, mentre mi recavo in Humanitas Mater Domini per una visita, ho visto un messaggio: cercavano volontari da inserire in ospedale. Non ho perso tempo, ho chiamato subito. Sono sempre stata una persona portata ad aiutare gli altri, per quello che si può fare. Mi viene naturale cercare di risolvere piccoli e grandi problemi, dare una mano dove serve. Per questo la “veste” del volontario me la sono sempre sentita addosso, senza però pensare a un impegno totalizzante: sono una persona dinamica, ma ho sempre creduto nella presenza costante e concreta.

La mia esperienza è cominciata dall’accettazione che è un po’ la porta d’ingresso dell’ospedale. Lì arrivano pazienti di ogni tipo: quelli sicuri che sanno già dove andare, quelli che hanno bisogno di essere guidati e quelli che sono smarriti, perché magari non si immaginano nemmeno bene cosa li aspetti. In quei momenti, capisci quanto può contare una voce calma, un sorriso, un’indicazione data con gentilezza. In seguito, sono passata ai poliambulatori, dove il rapporto con il paziente diventa più personale. Ti trovi davanti persone preoccupate perché stanno per fare un esame o una visita e il volontario può portare un po’ di positività e di distensione all’attesa. Dopo qualche anno di servizio, è arrivata la chiamata in Oncologia. Mi sono proposta insieme ad altri colleghi. In famiglia, avevamo vissuto l’esperienza di stare accanto a qualcuno durante un percorso oncologico, quindi per me era un contesto in parte “conosciuto”. In realtà, nel servizio in oncologia, per me, si è aperto un mondo: ho incontrato pazienti diversissimi, storie di speranza, percorsi di successo e anche storie meno fortunate. È stato un continuo mettermi alla prova.

Poi, dopo un paio d’anni, purtroppo, la prova è arrivata nella mia vita personale: un mio familiare si è ammalato e ho dovuto sospendere per un periodo il volontariato, per dedicarmi all’assistenza. All’inizio sembrava una situazione molto seria. Lo è ancora, ma, grazie alle cure, oggi va molto meglio: sono passati sei anni da quel giorno e la vita sta tornando alla normalità.

Passati i primi mesi di disorientamento e di grande impegno di assistenza, quando la situazione ha iniziato a stabilizzarsi, mi sono detta che volevo tornare al volontariato e proprio in oncologia. La mia coordinatrice si è confrontata con i medici e insieme hanno deciso che avrei potuto ricominciare. Per me è stato un sollievo enorme. Avevo bisogno di condividere, non tanto con le parole — perché credo che il volontario debba essere discreto, saper ascoltare — ma con la presenza. Ho ascoltato tantissimo pazienti e familiari e quello che mi è accaduto mi ha permesso di essere davvero sulla loro stessa lunghezza d’onda: li ho compresi ancora più profondamente di quanto avrei potuto fare prima. La mia esperienza di caregiver mi ha resa molto più consapevole.

Oggi posso dire che il volontariato mi ha dato tantissimo. Sono stati anni in cui mi sono messa alla prova anche con la pazienza: io, nella vita, non mi definisco una persona paziente… ma quando indosso la divisa del volontariato mi trasformo davvero. A volte penso che ciò che ho ricevuto sia stato molto più di ciò che ho dato e spero di continuare ancora a lungo, perché, anche se può sembrare uno slogan, per me è vero: il volontariato fa bene anche a chi lo fa.

Quello che mi ha colpita fin dall’inizio è stata l’organizzazione del gruppo di volontari e, soprattutto, la coesione. C’è sempre stata una collaborazione che andava oltre le regole intese come semplice procedura: non per superare i limiti, ma per dare umanità, calore e senso di squadra. Un grande merito va alla nostra coordinatrice che ci è sempre stata accanto con discrezione: presente, ma mai impositiva. Anche questo mi ha spinta a vivere il volontariato non solo come una missione, ma quasi come una “professione”.

Credo che noi volontari siamo una presenza davvero utile: negli anni, ho notato infatti un cambiamento nel modo in cui i pazienti vivono l’ingresso in ospedale e il rapporto con noi volontari. All’inizio, qualcuno ci guardava con diffidenza o timore. Oggi, invece, la presenza dei volontari è numerosa e riconosciuta: il paziente sa che, entrando in Humanitas Mater Domini, trova qualcuno pronto ad accoglierlo, orientarlo, aiutarlo, farlo sentire meno solo. Siamo diventati parte del percorso di presa in carico: accompagniamo il paziente quasi come caregiver “sostitutivi”, con l’obiettivo di lavorare in integrazione con i professionisti dell’ospedale e offrire un valore aggiunto, rendendo l’esperienza il più serena possibile.

Per fare questo, servono capacità specifiche. Prima di tutto, la discrezione: non oltrepassare mai i confini del nostro ruolo, essere pazienti, mai invadenti e costruire fiducia. È parte del nostro compito: ascoltare, accogliere, sostenere… senza invadere. E poi, la generosità che spesso si scontra con i limiti giusti che dobbiamo rispettare, perché a volte noi volontari vorremmo essere ancora più di aiuto, ma non possiamo uscire dai confini del nostro incarico. A questo proposito, ricordo un episodio emblematico: in oculistica, arrivò una signora anziana. Entrò, si sedette e iniziò a parlare al telefono in modo concitato. La persona che l’aveva accompagnata e sarebbe dovuta tornare per riportarla a casa, le aveva detto di essere impossibilitata a farlo. Lei andò in tilt: era smarrita e preoccupata. Il mio istinto sarebbe stato quello di togliere il camice, prendere la mia auto e accompagnarla a casa. Ma sapevo che non potevo farlo. Invece, sono scesa a parlare con la responsabile del Servizio Clienti, per cercare una soluzione. Alla fine, riuscimmo a contattare il suo medico di base, che venne a prenderla. Quell’episodio mi ha ricordato con forza che il volontariato dipende dalla nostra volontà, sì, ma deve essere strutturato dentro un sistema regolamentato. Dobbiamo sapere quando fermarci, restando empatici. Con la sensibilità possiamo compensare ciò che non possiamo fare in modo concreto: esprimere vicinanza dentro i vincoli. Infine, un altro aspetto fondamentale è la riservatezza. Veniamo a conoscenza di informazioni sensibili e dobbiamo essere capaci di gestire questa responsabilità con serietà. Io dico sempre che “non sono una persona curiosa, ma che sono curiosa della vita”.

E, in fondo, è questo che mi porto dietro dopo tanti anni: il volontariato è presenza, discrezione, empatia e rispetto. È un modo per dare serenità agli altri. E a noi stessi”.

Il volontario al centro: identità, crescita e sviluppo del ruolo del volontario Humanitas, i risultati della survey dell’Università Cattolica

In occasione dei suoi 25 anni, Fondazione Insieme con Humanitas ha realizzato con Cerismas, Centro di Ricerca di Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, la survey “Il volontario al centro: identità, crescita e sviluppo del ruolo del volontario Humanitas”, con l’obiettivo di esplorare le potenzialità e le opportunità di sviluppo del proprio modello organizzativo, oltre che l’identità e le motivazioni di chi oggi decide di dedicare parte del proprio tempo libero agli altri, in un contesto sanitario.

I risultati testimoniano che ci sarà sempre più necessità di volontari che uniscano competenze relazionali a conoscenza dei flussi di lavoro e dei processi organizzativi. Per essere davvero utile, il volontario dovrà essere sempre più esperto nella lettura della complessità sociale che si troverà davanti. Non solo disponibilità emotiva, dunque, ma competenze trasversali – anche tecnologiche – e profonda conoscenza delle dinamiche dei luoghi in cui operano.

Il profilo del volontario descrive una persona di età media compresa tra i 65 e i 70 anni, nella maggioranza dei casi donna, in pensione, mossa dalla volontà di impiegare in modo significativo il proprio tempo libero rendendosi utile; ha fatto esperienza di paziente o caregiver e vuole restituire quello che ha ricevuto. È una persona a cui piace prendersi cura degli altri, con forte predisposizione alla relazione e che ha curiosità dell’ambiente sanitario.

Prima di poter operare a contatto con i pazienti, i volontari sono formati in percorsi che includono competenze per migliorare comunicazione, ascolto e capacità di relazione, conoscenze sul funzionamento  dell’ospedale e per l’accompagnamento dei pazienti e familiari nelle aree più complesse o delicate, come il Pronto Soccorso, la Terapia Intensiva o l’Oncologia, strategie per lavorare in gruppo e, ciclicamente, corsi di aggiornamento relativi all’uso di tablet e dispositivi elettronici, ormai parte dei percorsi ospedalieri.

Tutti gli eventi

di dicembre  a Materia

Via Confalonieri, 5 - Castronno

Redazione VareseNews
redazione@varesenews.it

Noi della redazione di VareseNews crediamo che una buona informazione contribuisca a migliorare la vita di tutti. Ogni giorno lavoriamo cercando di stimolare curiosità e spirito critico.

Pubblicato il 18 Dicembre 2025
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Vuoi leggere VareseNews senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.