Roberto Masotti e il suono della fotografia
Il grande fotografo è il promotore all'Istituto europeo di design di un corso sull'arte di ascoltare
Uno dei massimi esponenti della fotografia di spettacolo, si fa promotore di un interessantissimo corso di formazione avanzata di 210 ore sull’arte di ascoltare. L’evoluzione della materia "suono" nei suoi fascinosi aspetti, affrontati da alcuni tra i maggiori professionisti di questo campo. Tre giorni al mese, nell’Istituto europeo di design, aperti a professionisti e studenti.
Incontro Roberto Masotti nella sua casa di Milano dove vive e lavora da anni al fianco della moglie Silvia Lelli. Assieme hanno contribuito ad
arricchire l’archivio fotografico del teatro alla Scala di Milano, per il quale hanno lavorato per anni, ed hanno percorso con le loro fotografie l’arte di molti grandi nomi dello spettacolo. Roberto ci
parla di arte, fotografia, suono, musica con un occhio al web e alle nuove tecnologie.
"Arteverso". Perchè questo nome?
«Corrisponde alla tensione che un’idea produttiva, managerialmente assistita, possa non solo incontrare l’arte e il suo approfondimento, ma anche favorirne un diverso sviluppo. Verso l’arte quindi, attraverso la didattica, e metterne in luce le punte "eversive"».
Quali le finalità di base?
«Sviluppare la passione per l’arte cercando di abbattere quelle barriere tra le varie forme di spettacolo nel segno della trasversalità. Musica, teatro, danza, fotografia, video, multimedia, tutte le performing arts si incontrano e si sovrappongono, ma c’è bisogno di nuove mappe, di letture "aggiornate". L’associazione in ARTEVERSO tra un giovane manager, Francesco Boari, Manfred Eicher, il patron della ECM, una delle etichette discografiche più famose al mondo, Silvia Lelli, grande fotografa che ha ideato e coordina il Corso di Fotografia di Spettacolo, sempre con IED, in partenza per la terza edizione nel febbraio 2005, questa associazione ripeto, nasce sulla base di relazioni ed esperienze che sono maturate in non meno di trent’anni».
Dopo anni di esperienze professionali ti dedichi alla didattica. Da quanto tempo hai intrapreso questa attività?
«Negli ultimi anni, sia da solo che con Silvia Lelli abbiamo avuto
diverse occasioni di contatto con studenti in workshop tenuti in
festival musicali (ad es. Roccella Jonica, Parmafrontiere, Terni Jazz), di fotografia (Bitonto, Savignano) e presso università come la Cattolica e la Bocconi a Milano, l’Università del Progetto di Reggio Emilia, la Domus Academy sempre a Milano. Questo per fare solo alcuni esempi, del resto io partecipo attivamente anche al corso di Fotografia di Spettacolo di Silvia».
Cosa ti ha portato a ciò?
«Una quantità assai variegata di esperienze in diversi campi:
fotografico, musicale, artistico, giornalistico, editoriale,
espositivo».
Quali risultati hai avuto dalle prime esperienze?
«Mi sono accorto che tentavo di raccontarle tutte in un paio d’ore. Gli studenti rimanevano come ubriachi, troppe informazioni. Soddisfatti ma sazi all’eccesso, come accade talvolta a tavola. In effetti di cose da dire ne avevo molte. Allora ho cominciato ad organizzare le lezioni, a suddividere i contenuti. Questa attività è ancora in crescita».
Quali sono le finalità di base del corso allo IED? A chi è rivolto? Con quali criteri avete individuato i docenti?
«Il corso è rivolto a "musicofili", musicisti, ricercatori di suoni,
aspiranti produttori discografici, futuri direttori artistici, critici
d’arte, film e videomakers, galleristi, architetti e designers,
stilisti, vj e dj. Abbiamo chiesto la collaborazione di affermati professionisti del mondo dello spettacolo e della comunicazione. Filosofi, compositori, scrittori, coreografi, giornalisti, fotografi, direttori artistici, musicisti, produttori, discografici, persone che oggi possano esprimere idee e concetti sul suono, un argomento che come tale è raramente proposto e trattato. Come nel caso del corso di Fotografia di Spettacolo vogliamo proporre inedite occasioni di approfondimento, uniche nel loro genere. ARTEVERSO ha un ruolo fondamentale nel rendere possibile l’idea».
La capacità di ascolto è alla base del processo creativo. Come ti ritrovi in questa idea?
«Le implicazioni filosofiche sono,in questo senso molteplici e profonde, vi sono testi recenti di P. A. Rovatti, di J. L. Nancy, assai
interessanti e che propongono riflessioni fondamentali. Ma in tutti i
campi del sapere e dell’umana conoscenza l’ascolto risulta essere una capacità fondamentale; vogliamo poi parlare di ambito sonoro, musicale…? Nell’esperienza produttiva ECM la vicinanza con un
personaggio come Manfred Eicher, che ci onoriamo di avere associato a noi, mi ha fatto capire che la qualità dell’ascolto, la tensione incredibile che questo provoca all’interno del processo creativo della registrazione discografica è legata alla lucidità progettuale, alla relazione positiva e profonda con i musicisti, nel segno della massima libertà espressiva».
Come è cambiata nell’arte la materia "suono" in questi ultimi tempi?
«All’inizio degli anni ottanta stimolai e condussi in collaborazione con alcuni amici una manifestazione dal titolo evocativo di "Sonorità Prospettiche". Volevamo renderci conto di quali ricerche sul suono, più o meno recenti, si dovesse tener conto per approfondire la relazione tra suono e le arti; in quell’occasione sviluppammo assai quella con le arti visive classificando e riunendo risultati e ricerche che rischiavano di rimanere slegate, separate nei rispettivi ambiti. Fu un’esperienza esaltante e ho sempre cercato di non perdere di vista l’argomento che come dimostra il progetto attuale.
Rispetto a quegli anni bisogna dire che la scena si è arricchita di
possibilità incredibili, siamo in un’era multimediale e si sono formate schiere di artisti che hanno veramente uno sguardo a 360° e maneggiano tecniche impensabili allora».
La "riproducibilità" ha cambiato il mondo dell’immagine con la fotografia e della musica con i supporti di riproduzione. Le nuove frontiere tecnologiche affinano queste possibilità e aprono il campo a nuove problematiche. Eccesso o nuove possibilità creative?
«I processi e i mezzi si aggiustano da soli, nel tempo. Al momento
permangono molte tecniche contemporaneamente, tradizionali e digitali, basta scegliere. Le cose inutili o incerte vengono eliminate
"automaticamente" per difetto di progettazione, di protocollo, di
praticità.La fotografia digitale, l’archiviazione digitale hanno realmente cambiato il panorama».
Come vedi il futuro della fotografia? Quali strade ti interessano maggiormente?
«Per me la fotografia è un modo e un metodo di conoscenza. La prima volta che fotografo un musicista faccio in realtà un passo per conoscerlo, per misurare le sue risposte, per afferrarne il tono. Poi
se ci sono altre occasioni si approfondisce, semplicemente, sia con umiltà che con professionalità. Una traccia che seguo è come sempre legata alla musica, al teatro, un’altra è legata ad una particolare idea di natura, ad esempio il bosco al suo interno. Durante l’ultima eclisse ero li per vedere cosa accadeva, con attimi di assenza profonda di suono; ho delle foto assai particolari su cui devo ancora lavorare».
Quali sono le implicazioni nell’esprimere un’arte, quella fotografica,
fotografando chi pratica un’altra arte come la musica?
«Ci si osserva, ci si ascolta, ognuno immerso nel proprio fare, cercando comunque di trovare un ritmo che non interferisca troppo, cercando un tempo e uno spazio in cui infilarsi. Aiuta se uno conosce il lavoro dell’altro ma, soprattutto, contano l’approccio, l’esperienza».
Credi che il web possa essere un supporto interessante per la fotografia? In quali direzioni?
«Il monitor è generalmente una buona superficie di osservazione.
Lanciando ricerche sul web ci si rende conto della qualità espressiva di certi siti; questo anche al livello dei materiali proposti. E’ tutto raggiungibile subito, compresa una quantità enorme di cose inutili e di cattivo gusto. In questo senso anche il panorama tradizionale però…Non faccio per dire ma sul nostro sito www.arteverso.com abbiamo cercato di valorizzare la comunicazione fotografica in relazione al tema».
Come è cambiato l’interesse dei giovani verso la fotografia rispetto a quando hai iniziato tu?
«In questo senso non ci sono stati grandi cambiamenti se non che i giovani sono…più "vecchi". A vent’anni fotografavo già moltissimo,
uno o due anni dopo ero già professionista. Anche in questo caso
bisogna dire che i giovani hanno una maggior dimestichezza con le tecnologie, vecchie o nuove che siano».
Qualche notizia di base sulla tua esperienza con ECM.
«Ho iniziato la collaborazione fotografica nel 1973, pochi anni dopo ho iniziato il rapporto, in parallelo, nella funzione ufficio stampa in Italia. Adesso quando incontro l’importatore esclusivo mi reco a Brebbia (Varese ndr) da Ducale. E’ un rapporto relativamente nuovo, una situazione ideale per ECM e per me. Il mondo ECM è assai particolare, un orizzonte sonoro variegato e con punte di rara intensità; al momento è anche oggetto di diverse tesi universitarie in Bocconi a Milano e in altre città. Viene studiato come "caso". Che lo sia anch’io?»
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