Tortiglioni con le braciolette all’uso meridionale
Nuova ricetta suggerita dal nostro appassionato cuoco Pierre Ley che ha anche pubblicato un ebook che porta lo stesso nome di questa rubrica
Nuova ricetta suggerita dal nostro appassionato cuoco Pierre Ley che ha anche pubblicato un ebook che porta lo stesso nome di questa rubrica:
Una ricetta alquanto vintage, anche nella presentazione del tortiglione nudo col “sugo ‘n coppa”. Precisiamo subito che le braciolette in questione nulla hanno a che vedere con le “braciole” o “cotolette” che dir si voglia, ma piuttosto si rifanno all’uso meridionale di chiamare in tal modo gli involtini di carne in genere.
Qui si usa del tenero vitello a scaloppe, ulteriormente trattate col batticarne per ottenere fette larghe e sottili per confezionare i saporiti involti. Ricavate delle strisce di 6-7 centimetri di larghezza, si farciscono quindi con provola e pancetta tesa e poi si arrotolano a formare le nostre “braciolette”. Con lo stecchino per fermarne i lembi vi si appunta altresì una fiera foglia di salvia. Salate e pepate e passate nella farina si fanno dapprima rosolate a burro e olio da ogni lato, e poi si bagnano con buon vino bianco secco.
A seguire conserva di pomodoro e brodo, oltre a un cucchiaio colmo di triplo concentrato. Si lascia così “pippiare il ragù” – nell’accezione meridionale di entrambi i termini – per minimo un’ora solida a timidissima fiamma, nella versione super-espressa. Ci vogliono invece 4 o 5 ore per una versione più vicina alla vera tradizione. Cotti al dente dei tortiglioni, e lievemente conditi con un accenno di burro giusto per non farli appiccicare, si accomodano col “sugo ‘n coppa” e le braciolette.
L’uso dei tortiglioni è invero una forzatura nordica rispetto alla tradizione napoletana, che vedrebbe meglio uno zito rotto a mano per una tale pietanza, ma il piatto risulta così di grande eleganza ed equilibrio estetico, oltre che dannatamente buono! Volendo si può anche condire la pasta col solo sugo, come una volta si faceva in tempi di estreme ristrettezze. In tal caso gli involtini costituiscono un onestissimo secondo. Un piccolo, prezioso viaggio nel tempo per occhi e papille.
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