Un altro appello al Governo italiano per la tutela dei casinò autorizzati
Richiesto un tavolo di confronto con gli organismi di rappresentanza delle case da gioco per valutare iniziative atte a favorirne la ripresa economica
Le case da gioco italiane sono tema di ricorrente dibattito in sede parlamentare, come riprova l’ordine del giorno presentato alla Camera del deputato Rudi Franco Marguerettaz che ha chiesto al Governo di “istituire, in tempi brevi, un tavolo di confronto con gli organismi di rappresentanza delle case da gioco per valutare iniziative atte a favorirne la ripresa economica e a definire un’organica disciplina del gioco d’azzardo”.
“Le quattro case da gioco italiane autorizzate – argomenta l’ordine del giorno – stanno attraversando una congiuntura gravemente sfavorevole per quel che riguarda i ricavi, tanto che i casinò di Campione d’Italia e di Sanremo hanno dichiarato lo stato di crisi, il Comune di Venezia ha deciso di privatizzarne la gestione e sono a rischio gli investimenti previsti dal casinò di Saint Vincent” nonostante diano complessivamente “lavoro a circa 3.000 dipendenti oltre a generare un notevole indotto sull’economia locale” e a concorrere “al finanziamento diretto degli Enti Pubblici detentori dei diritti di concessione”. Insomma, “la crisi del settore è destinata ad avere gravi ricadute occupazionali ed economiche nei territori interessati”.
Le cause della situazione di difficoltà, spiega l’atto parlamentare, “sono dovute, accanto alla generale congiuntura negativa dell’economia del Paese, alla fortissima concorrenza rappresentata da una sempre crescente offerta di nuove tipologie di gioco, spesso non esenti dalla componente dell’azzardo, e soprattutto gestita senza un adeguato controllo sulle transazioni economiche e senza adeguate tutele per quel che riguarda l’accesso da parte di minori” cui si sommano “provvedimenti legislativi che, seppur concepiti con intenti condivisibili, penalizzano l’attività senza un ritorno concreto in termini di efficacia”. Infatti le case da gioco italiane “subiscono la concorrenza di quelle presenti nei Paesi limitrofi (Austria, Francia, Slovenia e Svizzera), spesso ubicate a pochi chilometri dalla frontiera, in cui o non vi è limitazione alcuna all’uso del contante, o vi sono limiti molto più alti rispetto a quelli vigenti in Italia” dove le quattro case da gioco autorizzate, “tutte a controllo pubblico”, sono “da tempo assoggettate ad una serie stringente di vincoli a garanzia delle tracciabilità e legittimità delle transazioni, quali l’obbligo di identificare tutti i clienti, la registrazione di coloro che effettuano transazioni di importo pari o superiore a 2.000 euro, la segnalazione delle operazioni sospette all’Unità di informazione finanziaria presso la Banca d’Italia”.
Eppure le case da gioco autorizzate, insiste l’ordine del giorno, “sono luoghi nei quali i controlli, la sicurezza e la stessa lotta alle ludopatie sono più facilmente realizzabili rispetto alla «deregulation» oggi rappresentata dalle innumerevoli offerte di giochi presenti sul web, negli esercizi commerciali e nelle cosiddette ‘sale slot’”, oltre a costituire “realtà attive in una pluralità di servizi afferenti al turismo, alla ristorazione, alla ricezione” e “partecipano, con risorse economiche ed umane, ad eventi di forte rilevanza artistica e culturale, al punto da essere, di fatto, parte della storia sociale del Paese”.
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