“Il mio diario di senatore verginello”

Alessandro Vedani, senatore da pochi giorni dopo la morte di Cesarino Monti, ha deciso di buttar giù un "diario di bordo" della sua inaspettata avventura. E manda le prime pagine a Varesenews

Ho deciso di pubblicare un racconto a episodi di una esperienza particolare. Una specie di diario di bordo.
Il primo episodio vorrei condividerlo con Varesenews che ringrazio per l’ospitalità. Lo so che non è un “formato” da giornale on line ma ogni tanto un’eccezione ci può stare.
Con uno spirito dissacrante, desidero semplicemente mettere in evidenza le ipocrisie di un sistema sia politico che comunicativo e cercare di aumentare il livello di schiettezza del confronto di idee.
Il tutto aborrendo, (come direbbe Giampiero Mughini), l’approccio disfattista, che reputo terapeutico per coloro che hanno parecchie frustrazioni esistenziali.

Sostanza & Forma
Racconto semiserio

Torino, ore 13.00, 23 luglio, pausa pranzo in cantiere: squilla il telefono.
– Pronto?
– Ciao sono Federico Bricolo, capogruppo al Senato. Domani mattina devi venire qui a Roma, sei senatore.
Più che il “sei senatore” mi ha colpito il "devi". E’ un verbo che mi da’ sui nervi.
E’ il periodo più caldo, anche dal punto di vista lavorativo e poi nei giorni seguenti dovrei andare a riprendere la mia truppa, che si trova beatamente al mare; ho già fatto i biglietti dell’aereo…
Rispondo: “devo proprio?”
"Devi, devi" mi si fa notare. Due volte "devi", mi sa che è roba importante…
Non dico niente a nessuno, neanche alla moglie, perché prevedo un cazziatone mega-galattico, della serie: “Già tu non sei mai a casa e in più’ ‘sta roba del Senato, con tre figli… la ditta… il comune di Buguggiate… eppoiiii?!”.
Il mattino seguente prendo il primo volo da Malpensa, ignorando che da lì a poco sarei stato infilato vivo in un frullatore.
Dopo poche ore, ero nell’aula del Senato, con alla mia destra Gasparri, a sinistra l’abbronzatissimo Rutelli e di fronte l’Emma Bonino. E’ partito subito spontaneo il pensiero: “ma io cosa ci faccio qui?”.
Mi facevano un gran male i piedi a causa delle scarpe da fighetto, obbligatorie per superare la implacabile corazzata, posta a guardia del decoro del suprema istituzione. Così come pure devi (in grassetto sottolineato) indossare la cravatta, stretta al collo come un cappio e soprattutto la giacca, in piena estate torrida. Roba fantozziana.
Per i più scafati il problema caldo non si pone; è stupefacente come i senatori esperti abbiano sviluppato la capacità di inibire le ghiandole sudoripare, mantenendo un aplomb e una secchezza epidermica a dir poco incredibili. Li guardo con invidia, mentre la mia schiena ruscella senza ritegno.
Di controllori dell’estetica è pieno il palazzo, ti sgamano subito e ti fanno notare, con una gentilezza inaudita, come per farti un piacere, che hai il nodo del cappio un po’ allentato. Ma grazie, volevo solo respirare!
Quell’ipergentilezza mi innervosisce, un po’ come il cameriere che in certi ristoranti che vogliono darsi un tono si impadronisce della bottiglia e ti sta sulle spalle come una poiana, col compito di rabboccarti il vino dopo ogni sorsetto. Angosciante, roba da sparagli.
Orgogliosamente, resisto dal far domande agli assistenti, un po’ per evitare che mi controllino la cravatta.
Così, quando i bisogni fisiologici diventano impellenti, il casino è trovare una toilette senza chiederlo agli assistenti-poiane. Le toilette sono contrassegnate con una targhetta minuscola e discreta… Penso che i senatori scafati riescano a farne a meno, come per il sudore.
Ma il vero problema è orientarsi nel palazzo: bellissimo, adorno di sculture, arazzi, tappezzerie di pregio, ma non esiste una cartina, un piano di evacuazione appeso a beneficio dei presenti. Cerchi disperatamente un qualcosa che indichi IO SONO QUI… macché, i piani di evacuazione li trovi obbligatoriamente appesi in tutto il mondo, tranne che al Senato della Repubblica italiana. Ho il leggero sospetto che da qui non voglia evacuare nessuno ne’ fisicamente ne fisiologicamente…

In questo clima, tutto ovattato e dai tratti irreali, sono entrato per la prima volta nell’aula aula del Senato. La cosa che mi è apparsa evidente è l’età media dei suoi componenti. Siedo in un banco in alto, in pratica nelle ultime file, dove a scuola stanno i più agitati. Da qui si gode un ottimo panorama, caratterizzato da capigliature bianche, da pelate semi-integrali, da riporti forzati, da chiome con improbabili colori che contrastano con il sottostante cedimento strutturale.
Cerco se c’è qualche esponente femminile esteticamente brillante, sento parlare di Minetti in Regione Lombardia, di Carfagna alla Camera dei Deputati, l’aspettativa è quindi giustificata… Concludo sconsolato la scannerizzazione dell’emiciclo con la convinzione che le senatrici presenti saranno sicuramente belle dentro e che da giovani saranno state certamente delle splendide creature. Diciamola così, con diplomazia.

In effetti, qui dentro ci sono alcuni che hanno più o meno la mia stessa età, ma nel senso che sono qui da quando sono nato e la cosa mi fa impressione, soprattutto quando li sento parlare di necessità di cambiamento.
Qualche fresca eccezione la trovo nei banchi vicino a me, la lega è il gruppo politico più giovane. Trovo subito qualcuno che sopporta e risponde in maniera diretta e precisa al mio tsunami di domande, mi attacco come una cozza, senza lasciarlo respirare: devo capire le regole del gioco, mi interessa andare oltre la facciata.
Rimango in aula fino all’ultimo, anche nelle sedute notturne. Ascolto tutti; trovo interessante capire la struttura dei discorsi, parto dal presupposto che un discorso di mezz’ora possa essere ridotto, tolti gli orpelli formali, a pochi minuti. Ritengo che ci si capirebbe di più se si depurassero i discorsi dalle tossine formali e dalle parolone, pensando e parlando in maniera semplice, che è diverso da banale. Mi chiedo perchè certe persone in quell’aula, quando fanno pochi metri fuori dall’emiciclo, parlano normalmente… Ricordo anni fa, quando scrivevo articoli per alcune riviste specializzate: li rileggevo a mia nonna e le chiedevo se aveva capito. Spesso mi rispondeva “Ho capi’ nagott…” (si esprimeva rigorosamente in dialetto). Allora stracciavo e riscrivevo. Ho imparato a pensare e a scrivere con un’impostazione rustica, dialettale. Così immagino la mia povera nonna intenta ad ascoltare tanti discorsi e sentire parlare di "tagli lineari della spending review". Mi avrebbe chiesto, visto che in gioventù ha fatto la sarta, “Bagai, sa ‘l voeur dii tagli lineari?". Le avrei risposto: “Nona, par fà finta da risparmià, tajan giò cul falciott senza vidè se vün l’è un lazzarun o l’è un brau fieu.”.

Però fa figo riempirsi la bocca col termine "spending review"… Anche qui, vai un po’ più a fondo e capisci quanto fragile sia la facciata: sono tanti i senatori che non masticano l’inglese e pronunciano in pompa magna “reviù” invece che “vriviù” detta come direbbero i professori di inglese, come se tenessi in bocca una patata. E qui cadono impietosamente gli asini… Questo è confortante: anche i mostri sacri del parlamento qualche carenza ce l’hanno…
Alcuni parlano per ore senza dire nulla. Li ascolto attentamente e capisco che vanno in loop, come si direbbe in linguaggio informatico. Prendono un concetto e lo ripetono in varie forme ritornando ciclicamente al punto di partenza senza uscirne. Mi verrebbe da cliccare un bel ctrl+alt+canc e farli ripartire resettati, per il loro bene e per rispetto del tempo altrui, due dita negli occhi e uno leggermente più in alto nell’orecchio destro. Ma questo non è bello.
Poi ci sono gli aficionados, quelli che intervengono sempre, a prescindere, della serie “esisto e quotidianamente lo devo ricordare al mondo”.
Infine, le ipocrisie di facciata, strutturali, oserei dire. Per esempio, due relatori invece che uno per spiegare all’aula i provvedimenti più importanti. Uno del PD e uno del PDL (occorre evitare l’imbarazzo di assumersi la paternità). Si deve rimarcare che il gruppo politico appoggia il provvedimento, ma non per le stesse ragioni dell’altro. Ognuno ha il proprio spazio, senza assimilarsi. Un po’ come andare a letto beatamente insieme e poi sostenere che il figlio è di padre ignoto, concepito in provetta asettica.
E in questi rituali passano le ore… Mentre fuori sta crollando tutto. Modello orchestrina del Titanic.
Passato il primo giorno a capire il giro del fumo, il secondo giorno di aula mi viene chiesto se me la sentivo di intervenire in un aula sulla spending rewiew.
In maniera spudoratamente falsa rispondo con un "certooo".
Meno male che c’è un archivio informatizzato degli atti, che ti consente di prepararti e leggere gli antefatti, per farti un opinione iper-approfondita.
Così passo la notte a leggermi malloppi pesantissimi e indigesti.
Nervoso e un po’ impacciato, esce il mio primo intervento, che serve a me per rompere il ghiaccio. Finisce sulle agenzie nazionali per una citazione di un film di Fantozzi, nessun accenno invece al contenuto. Boh…
Il terzo giorno di aula assisto ad una scena che non mi ha fatto dormire. Alle tre di notte nella camera del Bed & Breakfast dove mi sono accampato decido quindi di mandare una mail al presidente del gruppo Lega Nord con allegato un comunicato stampa, chiedendo se lo posso far uscire la mattina seguente.
Esce l’agenzia dai toni forti e noto subito come, dopo pochi secondi, partono le contro-reazioni che mi bombardano. Altre agenzie che negano l’evidenza, la reinterpretano, ecc. Giornalisti che chiamano, tanto bla bla.

Il comunicato stampa "incriminato"

La reazione trasversale per quel comunicato l’ho però recepita in pieno quando mi è capitato di intervenire una seconda volta il giorno seguente. Già da quando mi sono alzato per fare l’intervento, infatti, sono partite contestazioni trasversali a prescindere, proseguite mentre parlavo.
Di questa piccola, specifica esperienza è rimasta comunque in me la convinzione che una parte consistente del Parlamento non abbia la benché minima voglia di rimettere in discussione un assetto statale che garantisce ad un territorio (meridione + regioni a statuto speciale) la sopravvivenza oltre le proprie possibilità, rigorosamente in termini di becero assistenzialismo, il tutto ben nascosto sotto concetti formali di solidarietà e unità nazionale.
Così la mattina del quarto giorno d’aula mi viene chiesto di motivare al pomeriggio le “questioni sospensive".
Certooo… Ma cosa sono le questioni sospensive?
Dopo un po’ l’ho capito. In pratica, una faccenda tecnica per rimandare la discussione di un provvedimento in quanto carente di qualche passaggio procedurale. Il documento che il vicecapogruppo mi ha chiesto di presentare era però troppo cavilloso, il mio spirito anarchico ha prevalso e ha deciso di tener buono solo il concetto rappresentato da tre righe dei tre fogli da leggere, e di dire ciò che mi veniva da dire nel merito sostanziale dell’argomento. Normale intervento, un po’ aggressivo ma niente di particolare. Vengo richiamato due volte dal presidente d’aula Vannino Chiti per l’uso di parole brutte.
A me non e’ sembrato. Però almeno ho raggiunto l’obiettivo raro che qualcuno in aula ascoltasse un intervento invece che sonnecchiare o far altro. Piccole soddisfazioni della vita.
Anche da questa piccola esperienza, ho capito che si finisce sui giornali per le scemenze e non per le cose importanti e per i contenuti. Riflettendo bene, anche se è sconfortante, la cosa può ben essere sfruttata in futuro come occasione per cercare di far passare i contenuti.

Il video dell’intervento di Vedani

Redazione VareseNews
redazione@varesenews.it

Noi della redazione di VareseNews crediamo che una buona informazione contribuisca a migliorare la vita di tutti. Ogni giorno lavoriamo cercando di stimolare curiosità e spirito critico.

Pubblicato il 04 Settembre 2012
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Vuoi leggere VareseNews senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.