Faye Dunaway superospite al BAFF
L'attrice americana, interprete nel film "La rabbia" di Louis Nero, ha incontrato brevemente il pubblico al Fratello Sole. Questa sera gran finale del festival al Sociale
Il BA Film Festival chiude questa sera con il gran finale (premiazione e serata di gala) al Teatro Sociale, madrina la bella attrice "nostrana" (è di Luvinate) Elisabetta Pellini. Ma prima di passare ai premi, il festival trova il modo di presentare la sua star d’eccezione: se venerdì era stata Maria Schneider, interprete di Ultimo tango a Parigi (1972) e di Professione Reporter (1974) di Antonioni a tenere banco – ma l’attrice sarà presente anche alla premiazione – con una "toccata e fuga" anche per Raz Degan, l’interprete dell’acclamato "Centochiodi" di Ermanno Olmi, oggi è la classe di Faye Dunaway a illuminare la manifestazione. Al Fratello Sole alle 16,30 di oggi era in programma "La rabbia" del 32enne regista Louis Nero, film fra i cui protagonisti spicca anche l’attrice di "Quinto Potere", "I tre giorni del condor", "Chinatown", "L’inferno di cristallo" e Bonnie Clyde", musa di alcuni veri maestri del cinema a stelle e strisce. Da qui la "passerella" in terra bustocca della star, che giunta ieri a Malpensa da Los Angeles, apparentemente immune al jet lag di nove ore di fuso orario, si è presentata all’appuntamento elegante, sorridente e disponibile fin dall’arrivo all’aeroporto. Così anche all’incontro con la stampa oggi e più tardi con il pubblico del Fratello Sole.
«Un’esperienza fantastica, un’elemento nuovo nel cinema» dice Dunaway del film girato con Nero. Il film (qui un’ottima sinossi), ovviamente produzione indipendente, è una riflessione sul senso del fare cinema, stretto fra interessi commerciali e la volontà di esplorare percorsi nuovi. Ha ricevuto adeguata distribuzione, riferisce Gabriele Tosi, ed è già una notizia di questi tempi. Così Dunaway sul tema: «Anche il commerciale deve lasciarsi portare per mano dall’artista. Se ascolti solo il richiamo del denaro, degli incassi facili e rapidi, proproni sempre e soltanto le stesse cose».
L’attrice ricorda con piacere, fra una domanda e l’altra, i registi e attori che hanno segnato la sua carriera, agli apici negli anni Settanta. Il complimento più grande va ad Elia Kazan: «Il maestro di tutti, cuore pulsante del cinema americano», ma non mancano complimenti anche per il genio di Emir Kusturica: «l’erede di Fellini, ha una fantasia meravigliosa e costruisce i film mentre li gira, piuttosto che pianificarli nel dettaglio». Fra i tanti film di una lunga carriera, Faye Dunaway ricorda soprattutto l’inquietante "Quinto Potere" ("Network" in originale), apologo sull’incontenibile influenza della televisione e sul suo soggiacere a inesorabili logiche commerciali, nonchè, in un memorabile discorso "inflitto" al protagonista (un immenso Peter Finch), sulla globalizzazione, allora appena agli albori. «Quinto Potere è diventato realtà» afferma a ragione Dunaway. «Sceneggiatori ed artisti in questo film hanno predetto la realtà, ma in generale hanno questa capacità, come avessero delle antenne orientate al futuro».
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