La Gora Molinara e “l’oro blu” della Valle del Ticino
Dal 1840 un consorzio gestisce il canale, che ancora oggi dà l'acqua agli agricoltori della pianura tra Varesotto e Milanese, ci sono dentro agricoltori e proprietari terrieri. Dopo 29 anni è il momento di rinnovare la concessione
Una ricchezza quasi dimenticata, ma che in realtà esiste ancora ed è preziosa, anche se ignorata da molti. Per secoli canali e rogge sono stati principale forza motrice per le attività umane e per la produzione agricola: lo sono ancora oggi, anche se spesso la risorsa-acqua viene data per scontata. Nella valle del Ticino, nella zona dove le ultime colline si aprono sul piano – questa ricchezza ha un nome: Gora Molinara, la roggia che da almeno cinque secoli (primo attestato 1603) porta le acque del Ticino attraverso i prati dell’alta pianura. «Un tempo alimentava ben sei mulini, poi nel tempo in parte convertiti in opifici e perduti» spiega Rino Garatti. Residente a Lonate, ha un ruolo importante: è il segretario del consorzio che gestisce la roggia dal 1840.
Nella valle c’era tutto un piccolo mondo ormai perduto, fatto di mulini isolati che per lo più sono stati oggi inghiottiti dal bosco, che negli ultimi cinquant’anni è avanzato a scapito dei prati e dei campi. Abbattuti il mulino di Tinella e quello del Gaggio (che dà il nome alla strada comunale oggi molto conosciuta come area verde), circondato dal bosco e crollante quello di Ferno (la via d’accesso dal paese "tagliata" dal sedime di Malpensa), ai più rimane visibile il complesso dei Molinelli, sopravvissuto anche dopo la seconda guerra mondiale come stabilimento industriale e visibile lungo la ciclabile. Analogo destino – trasformati in opifici – ha preservato il Molinazzo e il Mulino di Cassinetta.
Intanto, però, sono rimasti gli agricoltori ed è rimasto il consorzio, che nella giornata di giovedì 5 giugno vivrà un giorno storico: dopo decenni di lunghe pratiche – alla intricata burocrazia spagnola del 1603 e a quella asburgica del 1840 si è sostituita quella della Repubblica Italiana – il consorzio si riunirà in assemblea alla Dogana Austroungarica di Lonate per il rinnovo della concessione delle acque. «In origine la roggia era derivata dalla antica presa della Bardalera (a Vizzola Ticino, vicino alla Pista Pirelli), che è stata poi abbandonata» spiega ancora Garatti, che è segretario del consorzio da cinquant’anni. «Dal 1935 aveva una portata di 1,5 mc al secondo, 1500 metri cubi, 0,72 per irrigazione e 0,78 per forza motrice dei mulini». Anche oggi l’acqua è importante: più che per la forza motrice (si era parlato di una mini-centrale, di bassa potenza), per l’irrigazione dei campi, con ancora una ventina di agricoltori che lavorano in valle. Non solo: «È essenziale il contributo della roggia al paesaggio e per la preservazione dell’ecosistema di valle, se fosse stata chiusa parte della vegetazione soffrirebbe» spiega ancora Garatti. La concessione viene rinnovata per 1 metro cubo d’acqua al secondo e il percorso è stato più che lungo: il rinnovo fu avviato nel 1985, con il passaggio della competenza dallo Stato alle Regioni e poi alla Provincia (in quanto riconosciuto "concessione di piccola derivazione") ci sono voluti quasi ventinove anni ad arrivare ad un punto fermo. Tempi lunghi da civiltà contadina, verrebbe da dire. Ma chi sono oggi i soci della roggia? «I proprietari dei terreni e dei vecchi mulini» spiega ancora Garatti. «Formalmente sono 230, ma molti terreni in realtà non sono più coltivabili, invasi dal bosco, per questo uno dei primi compiti sarà fare una revisione del catasto e dei proprietari soci». A scorrere i nomi proposti per il Cda del Consorzio si trovano proprietari terrieri storici come i Caproni di Vizzola, agricoltori (una storia l’avevamo raccontata qui), ma anche enti interessati al corso d’acqua: ci sono Enel Green Power e il Parco del Ticino, Giovanni Rossetti, Giuseppina Introini, Alessandra Caproni, Ambrogio Ferrario, Giampaolo Livetti, Giancarlo Rudoni, Alessandro Testa, Flavio e Giorgio Zaro. È un passaggio formale, ma poi dietro c’è tutto un lavoro da riprendere, per assicurare la continuità della roggia, ma anche per ripristinare la rete irrigua nei prati – persa in parte negli ultimi decenni – che gli agricoltori vogliono recuperare man mano.
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