Varese ricorda il dramma istriano e dalmata

All'Università degli Studi la celebrazione ufficiale del Giorno del Ricordo

giorno del ricordo 2016 Varese

Varese celebra per il dodicesimo anno il Giorno del Ricordo. Con un momento guidato dalla stessa Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia, che è momento non solo di commemorazione, ma anche di studio: l’annuale celebrazione si è tenuta all’Università dell’Insubria, nella mattinata di sabato 6 febbraio. In occasione del Giorno del Ricordo, l’ANVGD ha infatti fatto dono all’Università anche del volume Codice Diplomatico Istriano (raccolta cioè delle pergamene storiche stratificatesi negli archivi del territorio istriano, dall’età romana al Cinquecento), che è stato presentato dal curatore Argeo Benco.

Pier Maria Morresi delComitato di Varese dell’ANVGD ha ricordato che il 10 febbraio, Giorno del Ricordo, è ancora oggi «momento di lutto», ma anche momento di memoria di una tragedia «negata per decenni per motivi di politica internazionale», nel quadro di un mondo diviso in due rigide sfere d’influenza, in cui l’Italia usciva sconfitta ma anche desiderosa di chiudere la pagina del Ventennio rimuovendo dalla memoria anche la sconfitta stessa. «Siamo usciti perdenti, ma mai abbiamo voluto ammetterlo, un ulteriore fattore di difficoltà da affrontare» per chi ha vissuto l’esilio da Istria e Dalmazia.

Più polemico dal punto di vista politico l’intervento del sindaco di Varese Attilio Fontana: «Qualche passo avanti è stato fatto in questi anni, un passo avanti faticoso dovendo superare ostacoli per motivi di veto politico interno, più che internazionale», con riferimento evidente alla posizione della sinistra comunista (e parzialmente socialista)  sui fatti del confine orientale, «le foibe». Fontana ha proseguito: «Si parla oggi di accoglienza di chi scappa dalla guerra, ma quell’accoglienza fu negata ad italiani costretti a scappare». Il sindaco ha anche richiamato la necessità di «individuare le colpe» storiche.

L’intervento del Prefetto Giorgio Zanzi

Tanti istriani e dalmati arrivarono da profughi in altre province d’Italia scontando in alcuni casi esplicita ostilità ideologica (evidente in ambienti come fabbriche o cantieri navali), in altri una malcelata freddezza. Mentre custodivano memoria della loro terra, istriani, fiumani e dalmati hanno dovuto così affrontare anche la durezza della vita quotidiana, del ricostruire una vita – anche professionale – in altri territori: «È questa – ha detto il Prefetto Giorgio Zanzi – una ricorrenza che ancora smuove le coscienze, a Varese forse più che in altri luoghi. Per come istriani e dalmati si sono approcciati umilmente a questa realtà, portando l’orgoglio della loro appartenenza ma anche le loro competenze, con un apporto morale e materiale alla comunità varesina».

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L’intervento delle autorità è stato poi seguito dalla prolusione del professor Antonio Maria Orecchia, dell’Università dell’Insubria, che ha fatto il punto sulla ricerca storica sulle “vicende del confine orientale” e delle persecuzioni (che la storiografia riconduce a motivazioni diverse, con un intreccio tra ragioni ideologiche, etniche, di classe: diverse spinte). Orecchia non ha nascosto anche quanto il tema sia stato – e per certi versi sia ancora – divisivo per responsabilità degli storici (per impostazione ideologica nel dopoguerra, da sinistra) ma anche di «una classe dirigente che ha usato la storia come una clava per colpire l’avversario politico».

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 06 Febbraio 2016
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