Giuseppe Verdi. Con lui l’Opera lirica fu musica e canto al servizio del teatro

Un volume di Raffaele Mellace ripercorre l’esperienza umana ed artistica del grande compositore, che lasciava la scena il 27 gennaio del 1901

Generico 22 Jan 2024

Il 27 gennaio 1901, giorno della morte di Giuseppe Verdi, il Conservatorio di Milano assunse il nome del compositore che proprio lì era stato giudicato “inetto alla musica”. Il volume del Prof. Raffaele Mellace, che è stato un liceale a Varese e che oggi è ordinario all’Università di Genova, ne ripercorre l’esperienza umana ed artistica.

Nell’intento di presentare brevemente il personaggio Giuseppe Verdi viene semplice descriverlo come un genio musicale. Genio lo è stato senz’altro, con un talento innato, sostenuto prima da persone che credettero in lui, come il futuro suocero Antonio Barezzi e poi da studi rigorosi tenuti privatamente. Tuttavia il “Cigno di Busseto” non sarebbe stato così grande nella Storia della Musica, non sarebbe diventato il più grande operista dell’Ottocento, cronologicamente dopo Gioachino Rossini e prima di Giacomo Puccini, se non avesse espresso il suo straordinario talento teatrale.

La geografia verdiana è ampia. Forte di un legame controverso con Milano che è durato settant’anni, il suo percorso artistico si snodò poi soprattutto tra Venezia, Roma, Napoli e Genova; all’estero essenzialmente a Parigi. Lo conosciamo come autore di opere che, se non eterne nel loro valore, hanno certo segnato un intero secolo: Nabucco (1842), Macbeth (primo confronto con il teatro di Shakespeare nel 1847), Rigoletto (l’opera forse più meditata nel 1851), Il Trovatore e La Traviata (nel 1853), La Forza del destino (1862-69, una delle più belle ma tra le meno conosciute). Poi ancora Aida (1871) per finire con Otello (1887) e Falstaff (1893) ambedue ancora di ispirazione shakespeariana.

In realtà la produzione verdiana non solo operistica è molto più ampia, ma come detto ciò che conta nella comprensione del compositore di Busseto è la subalternità della musica e del canto al teatro. Ci sono stati autori molto più musicali di Verdi e ci sono stati cantanti straordinari non adatti all’opera verdiana, perché incapaci di piegarsi alle esigenze di scena. Anche i tempi di esecuzione in Verdi furono particolarmente concisi, per quell’esigenza di brevità che secondo lui era essenziale a “sorprendere l’anima dello spettatore”. Questo faceva di lui un dittatore con i cantanti, con l’orchestra e financo con i minimi particolari dei costumi. Pretendeva che la scena fosse ‘tutto’ ed è forse anche per questo che considerò inappellabile il giudizio degli astanti. “E’ un brutto segno – diceva – quando si accusa il pubblico di non aver capito”.

Tra gli aspetti poco noti delle attitudini di Verdi va anche segnalata la sua grande capacità manageriale. Se si esclude la prima giovinezza, infatti, Verdi fu un libero professionista per tutta la vita. All’indomani della sua morte il quotidiano socialista “L’Avanti” descrisse il compositore di Busseto come un uomo “non contaminato dalla vita affaristica del nostro tempo”. A volerla dire tutta, però, non era affatto così: uomo di origini umili, Verdi fu un pioniere del diritto d’autore in Italia ed amò moltissimo il denaro; egli era un uomo con forti accenti di idealità nel proprio temperamento ed è calzante l’accostamento tra il suo nome ed il Risorgimento. Fu anche un grande mecenate ed è ben nota (fra le molte) la vicenda del finanziamento per la costruzione della Casa di Riposo per Musicisti, ancora attiva oggi in Milano, che è anche il luogo di sepoltura del compositore. Rimase tuttavia un uomo estremamente facoltoso, proprio perché competente sia di musica che di grandi affari legati alla musica: la sua ricchezza complessiva oggi si misurerebbe in molte centinaia di milioni di euro.

Scheda libro:
Raffaele Mellace – “Con moltissima passione” – Carocci editore – 2017

di
Pubblicato il 27 Gennaio 2024
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