Ma il lavoro nero non è solo quello che finisce sui verbali ispettivi…
Le considerazioni del Segretario della CNA sul fenomeno del lavoro nero
Riceviamo e pubblichiamo Il lavoro quotidiano di organizzazione e di rappresentanza di settori dell’economia ci espone, troppo spesso, al pericolo di vedere e valutare le cose come si vorrebbero che fossero e non come invece sono nella realtà. Anche l’interessante intervista che Umberto Colombo ha rilasciato a Varesenews finisce per privilegiare un’immagine quantitativa del fenomeno lavoro irregolare e per accreditare la terapia della repressione come la sola efficace , perpetuando in tal modo un’illusione che, periodicamente, le statistiche e la fredda logica dei numeri si incaricano di fare a pezzettini alimentando la sensazione che tutti gli sforzi compiuti siano inutili perché, di fatto, gli strumenti messi in campo contro l’evasione fiscale ne hanno solo scalfito la portata, la drammatica contabilità degli incidenti sul lavoro non diminuisce, il lavoro nero, quello irregolare e quello abusivo, a detta degli organismi di vigilanza, sembrerebbero addirittura in aumento. Poco prima delle ferie il nuovo Presidente di Confindustria aveva anch’egli posto al centro dell’attenzione il tema del come ricuperare alla contabilità nazionale l’ingente importo – stimato in 500.000 miliardi all’anno – sottratto dall’economia sommersa. Alcune di quelle proposte sono state anche recepite dal legislatore, sia pure timidamente ed in misura parziale, ma i numeri sono lì a dimostrare che il mostro non è stato intaccato se non in misura marginale ed a confermare le non imprevedibili difficoltà che incontra ed incontrerà ogni tentativo di redimere chi nell’illegalità talvolta sopravvive ma molto più frequentemente vive, lavora tranquillo e prospera. E, d’altra parte, se non avverte il fiato sul collo e non percepisce concretamente il pericolo che la sua attività possa venire repressa, quale convenienza ha "l’imprenditore sommerso", quello che non paga nulla e opera sostanzialmente senza patemi e senza angosce, a passare volontariamente ad un regime che promette, nella migliore delle ipotesi, di applicargli degli sconticini sulle imposte dovute e di verificare la regolarità formale di ogni suo atto ? Questa considerazione induce a pensare che le misure fino ad oggi proposte siano, se prese una per una, probabilmente tutte valide, ma, nel contesto generale, del tutto insufficienti non solo a debellare la piaga ma anche solo a scalfirne la virulenza. In altre parole, la lotta al sommerso non può essere condotta facendo appelli all’etica, né tanto meno solo con provvedimenti di repressione o di incentivazione, né ritenendo valida un’unica ricetta per situazioni oggettivamente diverse. Nella nostra realtà provinciale, che si sta dimostrando per tanti versi un laboratorio interessante per gli strumenti di programmazione negoziata, si potrebbe pensare di utilizzare capitoli dei patti territoriali per "concertare" l’abolizione di alcuni vincoli o l’attenuazione di alcune normative che gravano sull’impresa, nella consapevolezza che l’obiettivo dell’emersione del lavoro nero deve essere perseguito, in prima battuta, con quelle imprese che operano sulla linea di demarcazione tra i regolarità ed irregolarità e nelle quali le variabili di costo sono sì legate al salario ma anche a tutte quelle norme difficilmente compatibili con una gestione trasparente dei rapporti produttivi. Coinvolgendo, a fare da contraltare alle norme di incentivazione, le Istituzioni e gli Enti locali perché svolgano, per la parte che a loro spetta e tenendo nel debito conto che l’economia sommersa gode di vantaggi quali la completa esenzione da imposte, contributi e norme onerose in un quadro generale che sembrerebbe quasi confermare la certezza statistica dell’impunità, una specifica e mirata attività di controllo e di repressione del fenomeno. Un coraggio che deve anche misurarsi con le difficoltà che l’Unione Europea ha già frapposto e potrà ulteriormente frapporre al considerare le aziende riemerse come imprese di nuova creazione e che dovrà pertanto chiamare i nostri Governi alla non semplice opera di convincimento dei partner della trasversalità dell’economia sommersa, anche se non percentuali medie di incidenza inferiori di 10 punti a quel 25 % che mina, come una ulteriore tassa impropria, l’economia regolare del nostro Paese e ne frena lo sviluppo. Gianni Mazzoleni Segretario CNA
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