La società civile sa parlar di ambiente
La globalizzazione porta alla luce le scelte locali sui temi ambientali
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Scena prima La globalizzazione, si deve ormai dire, non è solo economica, ma anche ambientale. L’insofferenza vissuta qui ed ora rimanda inevitabilmente ai modi di produzione e di consumo, è strettamente intrecciata alle traiettorie dello sviluppo economico e sociale. A queste emergenze si cerca di rispondere con lo "sviluppo sostenibile" : uno sviluppo cioè che non superi i limiti posti dalla natura e che cerchi con essa l’accordo rispettandone i cicli ed i ritmi. Il passaggio dall’attuale "sviluppo insostenibile" allo "sviluppo sostenibile", non può che avvenire con il consapevole concorso di tutti noi, in quanto ciascuno contribuisce con i propri comportamenti di produttore e di consumatore, "vota" per l’uno o l’altro tipo di sviluppo. Per questo nelle sedi istituzionali più autorevoli si disegnano e si sperimentano le architetture politico-istituzionali capaci di muovere verso lo sviluppo sostenibile. Esse sono basate sulla partecipazione e sul coinvolgimento delle parti interessate (i cosiddetti stakeholders) nella formulazione di idee e progetti ed in tutte le fasi del policy-making. Si presta quindi attenzione prioritaria all’interazione tra le istituzioni di governo e le parti interessate, all’integrazione degli obiettivi di sostenibilità in tutte le politiche settoriali (energia, trasporti, industria, agricoltura, turismo, ecc.). Si diffondono strumenti di responsabilizzazione dei soggetti imprenditoriali come gli Eco-audit, i marchi ecologici, gli accordi volontari, la contabilità e la comunicazione ambientale. Si esalta il ruolo delle associazioni non-governative del volontariato e dell’ambientalismo, perché le più adatte nel diffondere sensibilità ecologica, produrre nuove idee, segnalare il successo o l’insuccesso delle politiche adottate. In breve ci si orienta verso una politica multilivello e partecipata.
Scena seconda L’istituzione competente, la Provincia, ripetutamente chiamata in causa, tace. Le scelte definite anni fa, sono chiaramente inattuali ed impraticabili. Se si applicasse il Piano Provinciale si realizzerebbe un sistema di smaltimento sovradimensionato che porterebbe ad una sola possibile conseguenza : importare rifiuti per alimentare gli impianti e remunerare gli interessi economici in gioco, seguendo l’infausto esempio di Brescia. Esiste un’altra strada, indicata dalla Legge Ronchi, ribadita ancora nel gennaio 2001 dall’Unione Europea con il suo "Sesto Programma d’azione per l’ambiente" approvato dalla Commissione e dal Parlamento. E’ la strada della riduzione, del riutilizzo e del riciclaggio dei rifiuti. Per la specifica situazione varesina, le Associazioni ambientaliste ed i Comitati hanno presentato un progetto, di cui la stampa ha dato ampio resoconto. Dalla Provincia, come risposta, è venuto un incredibile divieto di parlare di rifiuti (si presume fino alle elezioni). Come si vede meschini calcoli elettorali, furbizie di breve periodo, cecità ed arroganza. Non è una novità. Nella mia breve esperienza di contatto con le due maggiori istituzioni locali, la Provincia ed il Comune di Varese, ho trovato quasi solo disinformazione e disinteresse. La comprensione del problema, l’analisi dei dati di fatto, la valutazione delle alternative, che è quanto ci si aspetterebbe dalle istituzioni investite di responsabilità, sono invece mortificati a favore dei giochi politici, della ricerca del facile consenso, della demagogia e del cinico travisamento delle posizioni altrui. Le poche eccezioni di rappresentanti istituzionali seriamente impegnati a documentarsi, ascoltare e ricercare le migliori soluzioni non fanno che rendere ancor più evidente il panorama desolante delle nostre istituzioni locali.
Epilogo – Il contrasto non potrebbe essere più evidente. Se Varese (città e provincia) vuole affrontare le sfide che questo secolo ci propone ed avviare uno sviluppo equilibrato e sostenibile, si devono rinnovare radicalmente la politica e le istituzioni. E’ dimostrato che l’attuale classe politica non è assolutamente all’altezza di questo compito. Ma non è sufficiente reclamare una nuova classe dirigente. Ci dobbiamo porre il problema di come questa può formarsi, crescere ed essere selezionata. Di quali sono i luoghi in cui si produce la necessaria cultura politica e tecnica ed in cui si diffondono nuove sensibilità e competenze. Confrontiamo le due scene : ciò che servirebbe (nuovi metodi di governo, politiche multilivello ed integrate, partnership e partecipazione) e ciò che c’è (l’attuale classe dirigente). – Uno dei temi ambientali da mesi alla ribalta nella nostra provincia è la questione dei rifiuti. Sollevato innanzitutto dagli abitanti e dai Comitati spontanei sorti nei dintorni di Castiglione Olona per opporsi alla localizzazione del secondo inceneritore voluto dalla Provincia, ma anche dai territori prossimi alla discarica di Gorla per lamentare l’insopportabile stato dell’ambiente. – Siamo costantemente immersi in questioni ambientali in cui la dimensione globale si mostra quotidianamente con la faccia del problema locale. Mutamenti climatici e inondazioni, alterazione dei cicli naturali e mucca pazza, strategie globali del trasporto e inquinamento da Malpensa, per ricordarne solo alcuni. In una parola se, prima della politica, è la società civile varesina, nel suo complesso e nelle sue articolazioni, ad essere all’altezza dei tempi. |
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