«Volevo fare l’attore» e ci è riuscito

Cinema – Intervista al varesino Michele Bottini protagonista del film “Casomai” insieme a Fabio Volo e Stefania Rocca

Definire Michele Bottini attore emergente sarebbe riduttivo, perché è emerso ormai da tempo. Una lunga gavetta, nonostante i suoi 33 anni, iniziata a Varese e continuata a Milano dove oggi vive e lavora. Una lunga esperienza nel teatro –  è considerato infatti l’erede di Ferruccio Soleri, l’arlecchino più famoso di tutti i tempi – e non solo. Ha lavorato infatti per la televisione e, negli ultimi anni, anche per il cinema in una sorta di lunga progressione iniziata con una piccola parte nel mitico film di Andrea Barzini “Italia Germania 4 a 3” (1990). È uno dei protagonisti del film “Casomai”, l’avventura matrimoniale e cinematografica di Fabio Volo e Stefania Rocca, che sta spopolando in questi giorni nei cinema italiani.

Si aspettava un successo di tale portata per “Casomai”?

 

«È un bel film che rispecchia il modo di lavorare di Alessandro D’Alatri che è un regista libero, che fa un film solo quando ha una bella storia e qualcosa da raccontare e che non si fa imporre niente. D’Alatri è un grande affabulatore, sa raccontare e soprattutto è una persona squisita, con lui lavori affidandoti totalmente e per un attore non è poco».

Come è stata l’esperienza con Fabio Volo attore, lui non è un professionista?
«Straordinaria. Fabio Volo è istintivo, non è costruito. È sincero, così come lo vedi sullo schermo. Quindi nel cinema funziona. È il caso di dire che ha avuto il culo del principiante».

 

La storia raccontata da D’Alatri rispecchia molto la realtà delle giovani coppie e di un sistema che rema contro l’amore

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«Sì. Tu parli di poesia e invece ti scontri con la prosa di ciò che ti circonda. Il film rappresenta bene i tempi che si vivono dove c’è un mondo esterno che circonda negativamente la coppia. Per fortuna io vivo una storia d’amore da 11 anni e sono sposato felicemente da quattro»

 

Il cinema è solo una parentesi nella sua carriera di attore o la sta invadendo completamente?
«Invadere è la parola giusta. A volte mi chiedo che ci faccio qui, però poi prevale la mia testardaggine, la volontà di fare questo lavoro. Mi ritengo comunque fortunato perché vengo da un anno ricco di soddisfazioni, dove ho fatto cose di cui non mi dovrò pentire in futuro. Oltre a “Casomai”, ho girato un film per la televisione svizzera italiana e questo autunno uscirà "Un Aldo qualunque" per la regia di Dario Migliardi, dove sarò protagonista con Fabio De Luigi, un bravissimo attore,  conosciuto per i suoi personaggi comici di “Maidiregol”».

 

È una storia generazionale?

 

«È una storia ambientata nel 1978, l’anno dei tre papi e di Pertini presidente, del primo scandalo del calcio scommesse che non portò a nessuna condanna ma che anticipò la clamorosa retrocessione d’ufficio di Lazio e Milan due anni più tardi. I protagonisti del mio film sono una coppia di immigrati che da Bari salgono a Torino, Aldo, interpretato da Fabio De Luigi  e Marisa, interpretata da Silvana Fallisi. Lui ragioniere lei poliziotta. Aldo in seguito ad un incidente conoscerà l’ex comunista Biagio (Michele Bottini ndr) e il suo amico Caimano, Giuseppe Battiston, con i quali s’invischierà nel mondo delle scommesse».

Una storia di amore e di amicizia?

 

«Più di amicizia che di amore».

È tempo di mondiali di calcio. In “Italia Germania 4 a 3” l’avevamo lasciata che correva dietro un tram. Oggi da dove segue l’Italia del Trap?

 

«Questi mondiali sono una manna, perché coincidono con una pausa di lavoro, quindi li seguo dalla mattina presto fino a sera. Io sono uno juventino sfegatato e per me vedere il Trap in panchina è il vero show, il vero spettacolo per i tifosi italiani. Nella partita d’esordio con l’Ecuador faceva tutto: arbitrava, dirigeva, si sentiva solo lui. E poi sapete perché si è portato Di Livio? Perché fischia forte quanto lui».


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Pubblicato il 04 Giugno 2002
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