La rabbia di un imprenditore: «E’ la quinta alluvione dal 1992»
La galvanica di Vito Tioli invasa dalle acque. Il governo del territorio e le responsabilità politiche
E’ la quinta inondazione dal 1992 per la galvanica di Vito Tioli, imprenditore di Torba, immerso da questa notte nell’acqua. Noto alle cronache anche per i suoi incarichi nella confederazione nazionale dell’artigianato, Tioli ha uno stabilimento in cui lavorano 25 operai, proprio accanto all’Olona, in una zona flagellata dalle esondazioni degli ultimi anni.
«Questa volta ho iniziato a mettere in sicurezza gli impianti prima che entrasse l’acqua – racconta – ma non mi sento per questo meno amareggiato degli altri anni. Anche a maggio abbiamo dovuto fare fronte all’acqua e la rabbia è tanta».
Tioli (nella foto sotto) calcola che negli ultimi dieci anni ha subito qualcosa come 2 miliardi e 100 milioni di danni, recuperati solo per 700 milioni, grazie ai contributi ottenuti a vario titolo per l’emergenza.
«Ricominceremo anche stavolta, ma sarebbe il caso che qualcuno cominciasse a fare qualcosa per questo territorio, devastato da anni di programmazione sbagliata».
A Torba il problema è abbastanza semplice, mancano 100 metri di argine al fiume, che da soli impedirebbero alle acque di riversarsi con violenza sui terreni circostanti. Ma il problema dell’Olona è più complesso e andrebbe risolto a monte. Per la precisione a Malnate, dove la costruzione delle vasche di laminazione, come già ricordato qualche settimana fa dal presidente della provincia Reguzzoni, permetterebbe di rendere meno minacciosa la massa d’acqua che scende verso la pianura.
«L’acqua è entrata in fabbrica questa notte – continua l’imprenditore – e ha raggiunto oggi un livello di 30 centimetri. Altre volte è stato peggio, ma quello che ci preoccupa sono le prossime ore: mi sento come un contadino che attende il parto della mucca. So che deve succedere, ma non so quando».
Oltre alle vasche di contenimento a Malnate, il problema della Valle Olona riguarda anche l’eccesso di urbanizzazione, la mancanza di terreni che assorbano le acque, ma anche la mancanza di pozzi perdenti, che tolgano acqua dal fiume e permettano lo spagliamento nei campi. Gestire male il territorio significa perdere questi sfoghi naturali che il basso Varesotto ha sempre avuto.
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