«Varese è decentrata, l’ideale per scrivere»
Intervista a Vitaliano Trevisan vincitore della sedicesima edizione del Premio Chiara
Vitaliano Trevisan, vincitore della sedicesima edizione del Premio Chiara, non sembra sorpreso del verdetto finale. Senza spocchia, però, e senza quella sufficienza che contraddistingue di solito il vincitore di premi letterari. È molto contento, più di quanto in genere lo siano gli scrittori quando vincono un premio. Basti ricordare Gianni Celati, trionfatore al premio Chiara nel 2001, e i suoi continui rifiuti alla Bartebly lo scrivano.
Trevisan ha vinto con i suoi Shorts (Einaudi Tascabili Stile Libero). Racconti brevissimi, spremute di ironia e cinismo. Una scrittura che attinge dalla realtà vissuta, dai pensieri spesi per la vita e nella vita, quella vera. A uno che si ricorda esattamente quando ha iniziato a scrivere (febbraio 1993) e che si abbandona al piacere di arrotolarsi una sigaretta, incurante del ricco buffet del dopo premiazione, gli si puo’ chiedere di tutto, purché sia short.
Trevisan, che cosa pensa di quegli scrittori che criticano i premi letterari?
«Penso che non hanno bisogno dei soldi. In genere sono scrittori ricchi, professori che insegnano e che quindi vivono già bene senza tanti problemi. A me i soldi del Premio Chiara (7500 euro ndr) fanno piacere e comodo».
Gian Luca Favetto, il secondo classificato, ha detto che premi come il Chiara non devono essere svenduti alla televisione. È d’accordo?
«Penso che certe decisioni debbano essere prese dagli organizzatori. Non saprei cosa dire».
Lei viene da Vicenza una terra per molti aspetti simile al Varesotto: un tessuto fittissimo di piccole e medie imprese, circa 60 mila, una ricchezza diffusa, la presenza politica forte della Lega Nord. Quanto è simile alla provincia che lei vive e tratteggia nei suoi racconti?
«Io non conoscevo questa zona. Mi ha colpito molto l’accoglienza, la disponibilità e la bellezza dei luoghi. C’è però un sentimento che ho avvertito più intensamente: l’essere decentrato, l’essere in un mondo a parte, lontano da Milano, Brescia o Bergamo. Io non conosco i dati che lei mi dice, però la sensazione è quella di essere in una presvizzera . E quando sono andato nel Canton Ticino a presentare il libro ho provato l’identica sensazione.Nel mio immaginario la Svizzera era sentir parlar tedesco».
Quanto è importante essere decentrati per poter scrivere bene?
«Capisco Piero Chiara. Questa è come una terra vergine, tutta da scoprire. Per uno scrittore è un territorio degno di essere esplorato».
Qual è l’ultimo libro che ha letto?
«La sceneggiatura de “Il posto delle fragole”»
Prima che le comunicassero che era uno dei tre finalisti, lei conosceva il Premio Chiara?
«No».
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