«Il Dumping sleale mette in ginocchio la nostra economia»
Anche Roberto Cota, sottosegretario al Ministero delle attività produttive, interviene sul Salone del Tessile e sulla situazione del settore in Italia
«La concorrenza sleale che hanno lanciato i paesi asiatici sta mettendo in ginocchio la nostra economia. Uno dei settori più esposti è quello tessile e, anche per questo, ritengo importantissimo che il Salone del Tessile voluto dalla Provincia di Varese e dal suo presidente Marco Reguzzoni, cada proprio in questo periodo: è il momento giusto per mettere sotto la lente di ingrandimento il comparto, per promuovere i prodotti del nostro territorio e per lanciare un messaggio chiaro: senza una protezione a livello europeo per le produzioni locali, il nostro comparto tessile rischia prima l’asfissia e poi il crollo».
A parlare in questi termini del Salone del Tessile è Roberto Cota, sottosegretario al Ministero delle attività produttive, che sarà in visita la prossima settimana (probabilmente domenica 30, giorno di chiusura della rassegna) alla Mostra. Secondo Cota, la via d’uscita per salvare le nostre imprese è «Dazi, tasse sulle importazioni, norme antidumping, sistemi di protezione. Li si chiami come si vuole, ma soprattutto dopo la fine dell’accordo Multifibre, che tutelava i nostri prodotti di qualità, è necessario trovare la soluzione. Ci vuole la volontà politica di farlo, però, e questa non pare albergare nelle intenzioni di qualche potente. Al solo menzionare i dazi, gli scudi si levano e ad alzarli sono proprio quelli che mai si sarebbero permessi di criticare, ad esempio, le regole che fino a qualche anno fa impedivano l’importazione di auto giapponesi, salvando l’industria automobilistica nostrana».
Secondo Cota «L’argomento della concorrenza sleale cinese è diventato un tabù: le poche decine di imprese che hanno interessi d’affari in Cina rappresentano una lobby così potente da soverchiare gli interessi della maggioranza delle aziende italiane che soffrono tale concorrenza. Così i mass media ci descrivono una Cina “terra di opportunità”, anche se quel Paese si sta rivelando per noi un concorrente letale, per tre ragioni principali: il dumping sociale, quello valutario e la contraffazione».
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