Porto Alegre, la globalizzazione degli esclusi

Inizia oggi il diario di Mario Agostinelli che sta seguendo i lavori del Forum mondiale

Le sfide di Porto Alegre 2005 erano almeno tre. Passare da manifestazioni di protesta e giusta indignazione a azioni puntuali di proposta e a campagne di lotta; superare la tentazione di crearsi spazi marginali per mettere i piedi nel piatto della politica di potenza dei governi con una cultura di pace e solidarietà globale radicata a livello popolare; allargare dopo Mumbay 2004 un movimento ancora sostanzialmente europeo ed americo-latino alle grandi regioni africane ed asiatiche.

Perfino fisicamente, nelle presenze, nei costumi coloratissimi che si stagliano nell’estate brasilianae nelle musiche insistenti che accompagnano i partecipanti in ogni angolo della città le tre sfide hanno già avuto una risposta positiva.
I numeri di "POA 2005" sono impressionanti:oltre 2000 seminari tradotti in 21 lingue; delegazioni di associazioni da 147 nazioni; 160000 iscritti ai dibattiti; un accampamento dei giovani con oltre 40000 ragazze e ragazzi.

Per la terza volta la città "gaucha" offre la sua ospitalità al controaltare di Davos: la globalizzazione degli esclusi a cospetto di quella dei potenti messa in vetrina nei grandi alberghi tra le nevi svizzere.

Una città per vocazione partecipativa, multiculturale, aperta. Ma questa volta siamo ad una discontinuità inaspettata per noi europei. L’esperienza indiana di Mumbay 2004 ha inciso profondamente e il Forum ha lasciato la formidabile organizzazione del campus dell’Università Cattolica con le sue enormi sale, i suoi spazi attrezzati tecnologicamente, per accamparsi letteralmente in 1022 tendoni raccolti in undici spazi disposti per aree tematiche lungo la linea del porto. Chi partecipa deve orientarsi e concentrarsi non su grandi eventi (nessuna grande plenaria dei "guru" del movimento), ma su seminari convergenti dove le esperienze comunicano e si propongono come soluzione alternativa alla globalizzazione liberista.

Le aree tematiche e, di conseguenza, i "quartieri" della città altermondialista sono state proposte e "agglutinate", come dicono qui, in ampie riunioni aperte del Comitato del Forum Social Mundial e sono: il pensiero autonomo del movimento; diversità, pluralità e identità; arte e creatività: culture di resistenza; comunicazione; beni comuni; lotte e alternative sociali; pace e smilitarizzazione; ordine democratico internazionale; economie sovrane e solidali; diritti umani; etica e visione del mondo.

Sarà difficile portare a sintesi una mole così straordinaria di riflessione e di proposta e si è deciso di dar vita ad un sito permanente interattivo che mantiene una funzione continua di elaborazione tra un Forum e l’altro. Grande novità viene dal mondo universitario e della cultura: viene per la prima volta costituita la rete delle Università per il movimento dei movimenti, per dare base scientifica all’alternativa e costituire l’archivio ragionato dell’esperienza mondiale di questi anni.

Viene definita una nuova metodologia per il programma del FSM, non più vincolata a mediazioni tra organizzazioni, ma ad una consultazione aperta organizzata per campagne e aree geografiche.

Colpisce l’enorme presenza dei giovani, collocati in un accampamento che diventa punto di incontro e luogo da attraversare obbligatoriamente per spostarsi dalla zona Nord alla zona Sud dove sono concentrati i servizi e le aree espositive, i teatri, le grandi mostre. Nel 2007 toccherà all’Africa organizzare l’incontro mondiale, preceduto nel 2006 da Forum Regionali.

Intanto godiamoci questa occasione di speranza e di concretezza: la politica e la partecipazione dei popoli a fronte della corsa folle dei governi verso un futuro oscuro, riscattato però dalla progettualità, dalla determinazione alla lotta, dalla vitalità di chi si incontra nei cinque giorni su cui torneremo con una cronaca puntuale e, se possibile, suggestiva.

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Pubblicato il 28 Gennaio 2005
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