La stampa varesina ricorda Repubblica

Il ricordo di chi "fa la stampa" a Varese e dei Giornalisti varesini ora impegnati in testate nazionali

Caro direttore Giovannelli, Francesco Pintus poteva risparmiarci di fare sapere che non legge "la Repubblica". Ci mancherebbe altro!! Ne eravamo, credo, comunque tutti certi. Anch’io partecipo alla festa del trentennale. In quei giorni lontani giorni con Cesare Chiericati se ben ricordo (con me allora al Giorno) ebbi un approccio con quel giornale ma le cose poi andarono in modo diverso. Resta un foglio insostituibile in un Paese letteralmente allo sfascio. Cordialità,

Franco Giannantoni

1976-2006, sembra ieri quando in edicola è apparso il giornale di Scalfari. Trent’anni che sono passati in un attimo, nonostante tutto, nonostante i cambiamenti, le tragedie, le scoperte, le rivoluzioni, le guerre, le crisi, le mode. Io, ancora oggi, ricordo con piacere i miei undici anni, dal 1989 al 2000, vissuti nella redazione milanese di Repubblica. Undici anni di cronaca, di battaglie civili, di fatti e misfatti, di lavoro spesso massacrante, ma con un modo diverso di fare e di vivere l’informazione. Un elenco lunghissimo di colleghi e Maestri di primissimo piano. Un album di famiglia ricco di storie e grandi amicizie che il tempo non ha neppure scalfito. Undici anni sono una vita, ma è stato solo un piacere.
Buon compleanno Repubblica.
Franco Tettamanti

Eravamo in assemblea all’Auditorium di Viterbo, dove frequentavo il terzo anno del liceo scientifico "Ruffini" . Il solito appuntamento mensile dove si discuteva di massimi sistemi e un gruppetto ci avrebbe raccontato di come andavano i preparativi del primo concerto organizzato da un collettivo di studenti. Postumi e strascichi di un ’68 arrivato in provincia con ritardo. In sala però c’era uno strano fermento intorno ai soliti leader che discutevano dell’uscita di un nuovo giornale. Terminata la fumosissima assemblea, corsi a comprarlo. Sono passati trent’anni e mai avrei pensato di ritrovarmi a 600 km di distanza e a fare il direttore di un giornale online. Repubblica è stato un compagno di viaggio in tutti questi anni. Un prodotto che ai "malati" di politica e informazione come noi avrebbe riempito un vuoto. Era un periodo in cui fiorivano esperienze editoriali che cercavano di scansare quella che veniva considerata come un’esperienza troppo vecchia: L’Unità. Di tutto quel periodo è rimasto solo Il manifesto e un colosso: La Repubblica
Marco Giovannelli
Direttore di Varesenews

Il giornale Repubblica, a Varese come in altre "città pilota" d’Italia, nacque qualche settimana prima della sua uscita ufficiale nelle edicole. Per l’esattezza nacque in un incontro – insolitamente affollatissimo – che si tenne al Salone Estense, presenti il fondatore e direttore Eugenio Scalfari e Giorgio Bocca, che per partecipare alla nuova avventura giornalistica ed editoriale aveva lasciato il Giorno, il quotidiano dell’Eni nel quale – sotto la direzione del suo comandante partigiano Italo Pietra – s’era distinto come uno dei più importanti inviati speciali di cronaca e di costume dell’epoca.
Si era negli ultimi mesi del 1975, anno in cui per la prima volta nella storia d’Italia, alle elezioni Amministrative, le sinistre – e nella fattispecie il Partito comunista italiano – avevano insidiato molto dappresso il primato politico trentennale della Democrazie cristiana. Il direttore Scalfari spiegò allora che i tempi erano maturi – e lo erano davvero perché l’anno successivo alle Politiche e poco tempo dopo, alle elezioni Europee, il Pci, seppure di poco, superò la Dc – per coagulare attorno a un giornale che se ne facesse interprete le aspirazioni e gli interessi di una larga parte di italiani.
Stava emergendo una nuova classe sociale, dunque, composta da giovani, donne, insegnanti e impiegati, sindacalisti e professionisti, persone per lo più appartenenti al ceto medio, alla cosiddetta "borghesia intelligente", che lavorava per un cambiamento del paese; persone che andavano "catturate" e unite attraverso il progetto di un’Italia nuova. Il direttore illustrò anche alcune caratteristiche del nuovo giornale, che per esempio non avrebbe contenuto, o le avrebbe contenute in forma ridotta, notizie sportive (ma poi anche la Repubblica scalfariana si adeguò), mentre ampio spazio sarebbe stato attribuito alle notizie di politica estera.
Il giornale, cui aderì una eccellente pattuglia di giornalisti professionisti, alla sua uscita, soddisfece le intenzioni del suo ideatore, fondatore e direttore. Il taglio delle notizie, lo scavo degli argomenti, la politica trattata come gli "spogliatoi" di una partita di calcio, ma in modo mai banale o approssimativo, un’impaginazione moderna e originale, caratterizzarono da subito la pubblicazione, che piacque in particolare ai giovani: la Repubblica, insieme con il Giornale Nuovo di Montanelli, che era però un giornale di forme e contenuti tradizionali e conservatrici, si presentò davvero come una novità, tanto da fare scuola.
E sebbene all’inizio non ebbe un successo dirompente, andò via via guadagnando consensi nel periodo breve. Le cronache del rapimento e del delitto Moro, raccontate da un bravissimo e giovane cronista, Rivolta, due anni più tardi, e l’avvio di un gioco legato all’economia e alla Borsa – Portfolio – portarono la Repubblica di Eugenio Scalfari, per numero di vendite e di consensi, a ridosso del più grande quotidiano italiano da sempre, il Corriere della Sera, che proprio in quegli anni, travagliato dallo scandalo della P2, viveva la sua crisi più grave.
E almeno allora la Repubblica – giornale !- vinse molte battaglie.
Roberto Ferrario
Direttore de La Prealpina

Quando uscì La Repubblica avevo 17 anni e il mio ricordo è quello del mio professore di diritto, tale Marafioti, che ci mostrò in classe una copia del primo numero dicendo "Questo è il giornale del futuro". Lo presi per un mezzo matto, ma tutti i torti non li aveva. Poi, cominciai seriamente a fare i conti con la lettura di Repubblica nei giorni del sequestro Moro, giorni che fra l’altro segnano storicamente il vero decollo del quotidiano di Scalfari. Da allora, anche se ho continuato a preferire il Corriere (e non solo perché vi ho lavorato quasi vent’anni), di Repubblica non ho più potuto fare a meno.
Michele Brambilla
Direttore de La Provincia di Varese

Trent’anni di presenza de "la Repubblica" nelle edicole sono un segno del tempo che passa e l’occasione per una riflessione sullo stato di salute della stampa italiana di ieri e di oggi. Come per tutti i giovani studenti universitari dell’epoca (con velleità giornalistiche già ben consolidate), l’uscita del nuovo quotidiano rappresentò per me una nota di freschezza in un contesto di grande stampa "ingessata". A colpire fu soprattutto il formato tabloid, una vera e propria novità per quei tempi, e il taglio aggressivo degli articoli. Diede voce ad un mondo che faticava a trovare uno spazio: quello che aveva attraversato la contestazione studentesca e l’autunno caldo. "Repubblica" ha fatto scuola, anche se gli anni hanno in parte intaccato la sua vocazione originaria. Nata per combattere i poteri forti di ieri, è legittimo chiedersi quanto quelli di oggi non la condizionino. Ma questo, come è noto, è un problema che attraversa l’intero mondo dell’informazione. 
Saverio Clementi 
Direttore de Il Luce

A trent’anni di distanza i ricordi sono caldi proprio come quegli anni. Stava nascendo "Radio Varese" (28 febbraio 1976) e l’uscita in edicola di quel giornale nuovo nel formato, nei contenuti, nel modo di raccontare ne porgere le notizie, ci convinse ancor di più che esisteva uno spazio per tentare di fare un’informazione diversa da quella ufficiale. Ci provammo allora, ci abbiamo provato per tutti questi anni passando anche dalla redazione milanese di Repubblica, un giornale che nel 1976 vedevo come un modello e oggi, dal Corriere, come un concorrente.
Marco dal Fior
Corriere della Sera

La verità è che non ricordo quasi nulla: nel ’76 avevo 12 anni e leggevo i giornali che prendeva mio padre: soprattutto Espresso, Panorama, Europeo ed Epoca, perchè mio padre faceva incetta di settimanali. ricordo Repubblica solo un paio d’anni dopo, al ginnasio. E mi ricordo che la novità del giornale era una ventata d’aria fresca che non poteva non sedurre un ragazzo che aveva voglia di vedere il mondo con occhi meno tradizionali.
Edoardo Vigna
Corriere della Sera Magazine

Io per abitudine compro non solo il primo ma molti dei primi numeri dei nuovi giornali.
Di Repubblica perciò comprai i primi numeri già all’epoca: fu una rivoluzione, dal punto di vista grafico, di formato e di contenuti.
Gli articoli erano spesso molto lunghi, soprattutto nelle pagine della cultura: dando modo di approfondire temi importanti, un criterio che gli altri giornali hanno faticato ad accettare.
Altra parte della rivoluzione è stata dal punto di vista culturale: è stato dato molto spazio alla cultura quando negli altri quotidiani già declinava.
In realtà affrontavano ad un livello culturale elevato – ma non paludato – anche molti alti argomenti come lo sport per esempio, che ha visto tra le tante grandi firme anche Brera.
Seguivo Scalfari già da molto prima dell’avvento di repubblica, quando scriveva al Mondo di Panunzio e all”Espresso: impostazione politica del suo giornale era evidente, come era evidente l’intenzione di occupare uno spazio, occupato fino a quell’epoca a sinistra dall’unità. L’ha fatto con una operazione davvero importante: perciò tanto di cappello a Scalfari, anche se – come nel mio caso – non si accetta nessuna delle sue posizioni politiche.
Mauro dalla Porta Raffo

Rivoluzionario nella  forma e nel contenuto, La Repubblica ha segnato una svolta nel mondo della carta stampata. Da vecchio vignettista in campo già dal 1960, non posso fare a meno di ricordare che mi piacque subito anche perché c’era Forattini. Da giornale inizialmente redatto da un drappello di grandi firme, ma scarno e male stampato, La Repubblica è diventato nel tempo ricco di notizie, di fatti, di  commenti politici e culturali, quasi un’enciclopedia quotidiana. E mi piace di più, anche perché non c’è più Forattini. Non sono cambiato io, è cambiato lui.
Gaspare Morgione

Per chi, come il sottoscritto, lavorava al Giorno fu un giorno lieto a metà. Nasceva un nuovo quotidiano dal gruppo editoriale L’Espresso e questa era una buona notizia ma nasceva anche per occupare lo spazio che il giornale dell’ENI si era costruito a partire dalla fine degli anni cinquanta in alternativa al Corriere della Sera, allora confindustriale, codino, istituzionale. Quello spazio si riduceva perchè l’editore non avendo più una strategia editoriale precisa, aveva ceduto alle pressioni della politica che voleva un Giorno normalizzato. Gaetano Afeltra, nominato direttore da Giulio Andreotti, oggi acriticamente beatificato dalla corporazione, fu il liquidatore di quella straordinaria esperienza. Talmente straordinaria che Scalfari attinse proprio dal Giorno la maggior parte di firme note e meno note: Giorgio Bocca, Natalia Aspesi, Gianni Brera, Gianni Locatelli, Mario Pirani, tanto per fare alcuni nomi. Anch’io, ovviamente tra i meno noti, ricevetti una proposta ma poi la vita dispose diversamente. Ma questo non conta. Repubblica, nata per essere un nuovo Le Monde, abbandonò ben presto quel sentiero impraticabile per la realtà italiana per mettersi su strade editorialmente più praticabili.Divenne in pochi anni un grande giornale alternativo al coro dei soliti noti. Oggi assolutamente insostituibile.
Cesare Chiericati

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Pubblicato il 13 Gennaio 2006
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