Ravaglia: “Alitalia, non ci sono alternative ad AirFrance”

Il commento-intervista di un esperto del mondo dell'aeronautica che vanta esperienze in giro per il mondo: un quadro poco idilliaco per l'aviazione italiana

Il mondo dell’aeronautica non ha segreti per Lino Ravaglia (nella foto), ingegnere che ha fatto grandi esperienze professionali: Fiat Motori Avio, Aermacchi, De Havilland (Canada), Boeing (USA), la sudafricana Atlas, l’indonesiana IPTN sono le industrie nelle quali ha avuto compiti direttivi prima di concludere la sua brillante carriera  insegnando per 6 anni in Sudafrica, all’Università di Johannesburg con la nomina a professore e capo della facoltà di ingegneria aeronautica.  

Lino Ravaglia abita a Varese dove ha vissuto dal ‘69 all’85 quando all’Aermacchi era ingegnere delle prove di volo e responsabile delle prestazioni di volo. Un tecnico di alto profilo che può parlare con competenza del gigantesco flop della nostra aviazione civile, della pessima gestione di Alitalia e di Malpensa, aeroporto  realizzato in spazi angusti. Oggi è allarme rosso per la vendita di Alitalia ad Air France,  chiediamo innanzitutto all’ingegner Ravaglia se sono praticabili altre soluzioni, come la costituzione di pool  economici che  diano vita a una nuova compagnia aerea.

«Personalmente ritengo che allo stato attuale quello della vendita dell’ Alitalia alla Air France sia l’ unica soluzione possibile. La costituzione di una nuova compagnia aerea non si può fare dalla sera alla mattina, anche se sopportata da un forte pool economico locale».   

AirOne  ha la  dimensione indispensabile per rilevare Alitalia?

«La compagnia AirOne non ha le dimensioni, l’esperienza ed il management per gestire attualmente ed in breve tempo tutto il traffico internazionale ed intercontinentale che rileverebbe con l’ acquisizione dell’ Alitalia».  

Air France sarebbe allora il male minore; in ogni modo, quale altra alternativa potrebbe esserci?

«L’ acquisizione dell’ Alitalia da parte dell’ Air France non è solo il male minore, ma non ci sono al momento altre alternative». 

Ingegnere, lei è stato chiarissimo: all’aviazione civile italiana, all’economia del Nord che lavora, ad  Alitalia e all’hub di  Malpensa  è in arrivo un conto salatissimo da pagare. E tutti i governi, il Parlamento, i partiti, i sindacati sapevano da lungo tempo che non ci sarebbe stata altra via d’uscita. Si prospetta un futuro nerissimo per il nostro trasporto aereo: per quanto tempo saremo tagliati fuori da un  settore  decisivo?

«Mi chiedete per quanto tempo resteremo tagliati fuori. Vi rispondo che siamo già e saremo per sempre tagliati fuori e il perché è facilmente evidenziato dalla tabella. L’Alitalia ha nella sua flotta solamente 23 aeroplani a lungo raggio, che rappresentano il 16% del totale; le altre compagnie vanno dal 35% della Lufthansa al 57% della KLM e addirittura al 100% della Singapore Airline. Come si evidenzia dal confronto, l’ Alitalia si è già autodeclassata e ritirata dai voli intercontinentali e con un così ridotto numero di aerei a lungo raggio come avrebbe potuto tenere in piedi 2 “hub” cioè Fiumicino e Malpensa? Tenuto conto che poi alcuni collegamenti devono essere giornalieri, vedi New York, Tokio, San Paolo, ecco allora che l’ Alitalia può averne al massimo una dozzina. Infatti in questi anni l’Alitalia si è ritirata da Johannesburg, da Boston negli USA, poi da Buenos Aires e Singapore per citare importanti scali. Ed è di queste ore la rinuncia ad altre rotte da Malpensa. Dalla tabella si può inoltre notare che l’Alitalia non ha ordinato nessun nuovo aeroplano e questo è un fatto gravissimo. Infatti sia l’Airbus sia la Boeing hanno attualmente 2500 ordini ciascuna: a un ritmo di consegne di 500 aerei all’ anno per ditta, se si fanno  ordini oggi  la consegna  di nuovi aerei non avverrebbe prima di 5 anni».  

Insomma, aldilà della giusta ribellione al  diktat governativo, la situazione è gravissima, da soli non ci si salverebbe mai…

«Negli Stati Uniti la deregulation iniziata circa 25 anni fa dall’ amministrazione Reagan ha portato al consolidamento di sole tre grandi aerolinee nei loro rispettivi “hub” e precisamente la United a Chicago, la Delta ad Atlanta e la American a Dallas-Fort Worth. Dobbiamo a questo punto tener conto che negli USA si vendono 2 biglietti aerei all’ anno per abitante e questo significa che 1/3 dei passeggeri di aerei nel mondo, cioè più di mezzo miliardo, sono nordamericani. Nell’ Unione Europea, con circa un biglietto aereo venduto all’ anno per cittadino  ricadiamo nello stesso ordine di grandezza di passeggeri degli USA. Questa considerazione porta alla seguente conclusione: in Europa non c’ è posto che per tre grandi aerolinee e precisamente la British Airways che tra poco incorporerà la Iberia di cui possiede già il 10%, poi la Air France – KLM con la attuale probabilità di incorporare anche l’ Alitalia ed infine la Lufthansa con la già incorporata Swiss. In Oriente, in attesa dell’ arrivo della Cina, il trasporto aereo è dominato da 4 grandi aerolinee e precisamente la Singapore Airlines, la Cathay Pacific di Hong Kong, la Japan Airlines – questa compagnia è arrivata ad avere in linea quasi un centinaio di Boeing B 747- e la australiana Quantas che vola dal 1926 con l’ invidiabile record di non aver mai avuto un incidente aereo».

Compagnie

N° di aerei (Totale)

A lungo raggio

% sul totale

N° Boeing B-747 (Jumbo)

N° aerei ordinati

Alitalia 148 23 15 0 0
Air France 257 107 41 33 30
British Aw 234 121 52 57 10
KLM 103 57 57 25 17
Lufthansa 237 82 35 30 79
Lufthansa Cargo 19 19 100
Singapore AL. 93 93 100 24 71
Singapore Cargo 14 14 100 14 0

Fonte: Flight International (Aprile 2007)

La lettura della tabella e le parole di un esperto come Lino Ravaglia portano a conclusioni sconfortanti: il nostro sistema  dei trasporti non ha futuro perché non si è  mai lavorato per renderlo sano e quindi competitivo. Miliardi e miliardi sono stati buttati al vento per difendere privilegi assurdi, per  una gestione insensata della compagnia di bandiera, per una politica nel  segno dell’ignoranza, cioè clamorosamente lontana da quella cultura, da quelle conoscenze tecniche e di mercato che il difficile  pianeta dell’aeronautica richiede pena  la certezza  dell’esclusione. Lo Stato, Roma hanno  portato al fallimento l’aviazione  civile e oggi scaricano le conseguenze del loro malgoverno su tutti i cittadini, penalizzando in particolare  il sistema economico del Nord e anche l’impegno, le  realizzazioni, il lavoro, i sacrifici della nostra gente che ha  creduto nel progetto Malpensa, nel grande avvenire rappresentato dai trasporti aerei.

Il dramma di Alitalia  però non lo si risolve con  barricate o blocchi e  occupazioni, ma nel segno dell’ unità assoluta, di uno sforzo collettivo. Le lobby politico-economiche romane sono un incubo che oggi in Lombardia già su altri fronti si combatte uniti. E con buoni risultati.

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Pubblicato il 02 Gennaio 2008
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