“Questa crisi non devono pagarla i lavoratori più deboli”
Oltre tremila persone hanno sfilato per la città nel giorno dello sciopero generale indetto dalal Cgil. Comizio finale del segretario regionale Laura Lattuada
La classe media si mette le bandiere rosse in spalla e sfila per le strade della città nel giorno dello sciopero generale indetto dalla Cgil. A pagare questa crisi saranno soprattutto i lavoratori precari giovani e gli extracomunitari, senza distinzione d’età. Lo sa bene Jacques Amani che da anni lavora nell’ufficio immigrati di via Nino Bixio. Lo sa bene il peruviano che corre dietro il palco del comizio in piazza del Garibaldino per consegnare un pacco in tempo. «Noi immigrati – spiega Amani – pagheremo due volte questa crisi: perderemo il posto di lavoro e se non sospendono gli effetti della Bossi Fini verremo rimpatriati. A questo va aggiunto il fatto che a noi non spetta la social card. Non è giusto ».
Tutta la nuova segreteria della Cgil varesina è schierata in testa al corteo insieme al segretario regionale Laura Lattuada. I manifestanti sono tanti. Cinquemila per gli organizzatori, circa tremila per la questura. «Siamo più delle manifestazioni dei sindacati confederali» dice con un certo orgoglio Gabriella Sberviglieri, sindacalista di lungo corso che di manifestazioni ne ha viste tante.
Sono comunque più di quanti gli stessi organizzatori si aspettassero. Sono arrivati da tutta la provincia, con i mezzi propri e con i pullman messi a disposizione dell’organizzazione, e da tutte le fabbriche. I grossi nomi ci sono tutti: Whirlpool, BTicino, Ficep, Agusta, Ercole Comerio. Non mancano i partiti da Rifondazione comunista ai Comunisti italiani. Ci sono i dipendenti pubblici, i giovanissimi studenti dell’Onda, i muratori, i bancari, i poliziotti, i giovani della Cgil, i pensionati e i lavoratori della Croce rossa che per una volta tanto possono arrivare ultimi e chiedere soccorso. Sono loro, infatti, a chiudere il corteo nonostante versino in condizioni urgenti. Un codice rosso del lavoro precario, con una prognosi tutt’altro che benigna: sono oltre 120 i crocerossini che rischiano il posto.
In piazza del Garibaldino, Franco Stasi invita ad un minuto di silenzio in memoria delle vittime sul lavoro (l’ultimo è morto ieri all’Ilva di Taranto, era un operaio polacco che faceva manutenzione a un alto forno). La musica di Renato Franchi rispolvera un De André che avrebbe ancora molto da dire sui tempi grami e sporchi di questo mondo. Le parole che scendono dal palco sono cariche di apprensione e di speranza: crisi, ammortizzatori sociali, difesa del salario, democrazia, giustizia fiscale e sociale. «È uno sciopero generale riuscito – dice la Lattuada -. Siamo tanti qui, come in tutte le piazze d’Italia. C’è solidarietà e consapevolezza del fatto che questa crisi non va fatta pagare ai lavoratori più deboli».
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