Addio a Candido Cannavò
Il popolare ex direttore della Gazzetta è morto dopo tre giorni di coma. Sui campi sarà osservato un minuto di silenzio
Candido Cannavò è morto questa mattina, domenica 22 febbraio, nell’ospedale di Milano dove era stato ricoverato dopo l’emorragia cerebrale che lo aveva colpito giovedì scorso.
Gli ultimi bollettini medici non lasciavano speranze per l’ex direttore della Gazzetta dello Sport, nato a Catania 78 anni fa; fatale per lui è stato un ulteriore peggioramento avvenuto nel corso della notte con una grave crisi ipotensiva con scompenso cardiocircolatorio e oscillazione dei parametri vitali.
Oggi, per ricordarlo, su tutti i campi sportivi sarà osservato un minuto di silenzio.
A dare la notizia è stato proprio il sito internet della "rosea" che Cannavò ha diretto per ben diciannove anni, tra il 1983 e il 2002 durante i quali la Gazzetta è diventato il quotidiano sportivo più venduto d’Europa. E proprio in via Solferino, alla mensa dei giornalisti, Cannavò ha accusato il malore che gli è stato fatale. Il cronista siciliano ha iniziato a lavorare per la Gazzetta nel 1955 con la qualifica di corrispondente e nel 1981 è diventato vicedirettore sostituendo due anni dopo Gino Palumbo alla guida del giornale. In tutto Cannavò ha seguito ben undici olimpiadi oltre ai maggiori eventi sportivi internazionali.
Con Cannavò, che negli ultimi anni ha continuato a collaborare come editorialista di grande prestigio, scompare una lunga stagione già rimpianta da molti lettori. Pur criticabile e criticato per alcune sue posizioni (vedi ad esempio il "caso Pantani") il direttore di origine siciliana ha dato alla Gazzetta dello Sport un taglio ormai abbandonato. Quello del giornalismo e della cronaca sportiva approfonditi e fini a se stessi, senza le tante, troppe, concessioni al gossip, al business e ai titoli urlati a doppio senso che stanno caratterizzando la stampa sportiva dell’ultima generazione. Uno stile sempre più lontano da quello di un direttore che prima di tutto sapeva mettere le cronache, le emozioni e i racconti che in certi casi solo lo sport sa comunicare.
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