Processo d’appello a Torino per la morte della piccola Matilda
Da mercoledì torna nelle aule giudiziarie il dramma di Roasio. Sul banco degli imputati di nuovo la madre, Elena Romani, già assolta in primo grado per non aver commesso il fatto
Torna domani in tribunale, davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Torino, la tragica vicenda di Matilda Borin, la bimba morta il 2 luglio 2005 nella villetta di Roasio (VC) in cui convivevano la madre, Elena Romani, hostess di origini legnanesi, imputata nel processo torinese, e il fidanzato di lei Antonio Cangialosi, entrambi presenti in casa al momento del fatto. Al padre della piccola, Simone Borin, di una famiglia di impresari di pompe funebri bustesi, toccò lo strazio di assistere al funerale celebrato in San Giovanni a Busto Arsizio a più di un mese dal fatto; e sempre nel cimitero di Busto Matilda è sepolta.
Secondo l’autopsia ad uccidere la piccola era stata una lesione interna provocata da un forte colpo. La magistratura si orientò verso un’ipotesi di responsabilità della madre, che è stata poi assolta in primo grado dalla Corte d’Assise di Novara, con formula piena e "per non aver commesso il fatto". Quanto al convivente, con il quale si era conosciuta appena sei mesi prima della tragedia, era già stato prosciolto dal tribunale di Vercelli nel maggio 2007, e nonostante il ricorso dei legali della donna, la decisione è stata confermata dalla Cassazione. L’accusa ha invece impugnato l’assoluzione della Romani portando al processo d’appello nel capoluogo piemontese.
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