«Liceo Classico, infossato in una buca»
Dopo quanto accaduto in questi giorni in Abruzzo, il candidato sindaco indipendente Angelo Proserpio punta il dito contro l’edilizia locale
«Qui più che altrove, l’edilizia ha invaso la nostra vita, ha modificato il nostro stile di vita, i nostri spostamenti, fino a stravolgere il luogo della nostra identità». Dopo quanto accaduto in questi giorni in Abruzzo, il candidato sindaco indipendente Angelo Proserpio punta il dito contro l’edilizia è il modo di concepire l’urbanistica del Nord Italia. E non risparmia critiche nemmeno a Saronno: «È cambiato il volto del paesaggio, abbiamo creato piccoli parchi, ma i parchi sono la prova della nostra vergogna, ciò che rimane dopo che si è distrutta la parte più bella del territorio. E non è un caso che il Parco delle Groane nell’800 era definito come un “infecondo scopeto”. Ma è la qualità della stessa produzione edilizia che lascia sbigottiti. Una classe politica disorientata non è stata in grado di continuare quella prestigiosa tradizione di edilizia pubblica che in Italia e in tutti i paesi civili è annunciatrice di messaggi di responsabilità e di bellezza per le future generazioni. A l’Aquila l’Ospedale e la Casa dello studente sono stati i primi a crollare. La cosa non ci meraviglia. Gli edifici pubblici costruiti negli ultimi 30 anni hanno il marchio della bassa qualità costruttiva, dell’opacità contabile, dell’improvvisazione progettuale, dell’insulto alle condizioni ambientali».
«A Saronno – prosegue Proserpio -, abbiamo l’esempio del nuovo Liceo Classico. Conosciamo tutti la sua volenterosa origine da un opificio industriale e la sua sciagurata ristrutturazione. Ora abbiamo un edificio infossato in una buca malsana, a ridosso di una via trafficatissima e con una vista mozzafiato su capannoni industriali. Nel corso di una recente visita di questi giorni sono rimasto esterrefatto dalle condizioni disastrose di degrado e di incuria che a soli due anni dall’inaugurazione danno all’edificio un aspetto orrendo. L’umidità che affiora dalle pareti portanti, la ruggine che già sgretola i telai dei serramenti, finiture e pendenze sbagliate, secchi di raccolta d’acqua nella palestra, la desolazione opprimente dei muri di cemento armato non raccordati da alcuna idea progettuale lasciano al visitatore occasionale un immagine a dir poco repellente. Penso agli studenti e a tutti coloro che sono costretti a vivere lì dentro le loro giornate e vedo il tradimento della funzione che deve avere un edificio scolastico. Non primo contenitore di una storia collettiva e individuale, non strumento per un equilibrato sviluppo delle facoltà intellettuali, esempio di una “tenera crescita” verso le virtù civiche, ma meschino involucro di un tempo obbligato e di gesti dovuti, da compiere in fretta, per uscire all’aperto appena possibile».
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