«Piccola azienda, il bene rifugio d’Italia»

Lo afferma, dall'auditorium della LIUC Giuseppe Morandini, Presidente della Piccola Industria di Confindustria. In un incontro che racconta anche come le PMI possono migliorare

«La piccola impresa è il bene rifugio e la materia prima di questo Paese, qualsiasi decisione di politica economica deve confrontarsi con questo dato di fatto». Dall’Università Carlo Cattaneo–LIUC di Castellanza, Giuseppe Morandini, Presidente della Piccola Impresa di Confindustria, spiega una verità troppo spesso pronunciata ma raramente messa in pratica da chi deve fare questo tipo di scelte. Lo fa dal convegno “Aggregarsi per la Crescita” organizzato nella mattina del 28 aprile dall’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, insieme alla rivista della Piccola Industria di Confindustria, L’Imprenditore, e in collaborazione con il Gruppo UBI Banca.

La realtà, però, vuole che le Pmi italiane affrontino troppo spesso da sole problemi difficili da governare, specialmente in tempi di crisi: «Da una parte la bassa capitalizzazione e patrimonializzazione delle aziende, dall’altra la sovracapacità produttiva rispetto ad una domanda in calo, forse strutturale», spiega Morandini. All’ultimo dei due problemi la soluzione è una: razionalizzare la produzione. «Per riuscirci senza perdere il nostro patrimonio imprenditoriale, però, l’unica strada è quella di unire le imprese». Una soluzione che però vale anche sul fronte della loro patrimonializzazione: «Per l’imprenditore in questo caso le opzioni sono due: o si ricapitalizza, o si è disponibili a mettersi assieme per con un’altra realtà per formare un’unica forza».

Per affrontare i forti cambiamenti in atto, non solo congiunturali, la soluzione così sembra la stessa: aggregazione. Anche di questi tempi: «Sappiamo gestire la crisi, se anticipiamo gli andamenti del mercato facendo scelte razionali. E se non lo facciamo noi, lo farà, inevitabilmente, il mercato. In maniera molto più crudele». Trovare metodi per sfuggire alla crisi può essere  però contemporaneamente un’opportunità di crescita, a patto che sia possibile fare un salto culturale: superare il preconcetto per cui si è imprenditori solo se si ha la maggioranza della società «Per essere imprenditori non è necessario avere il 51% del capitale di una società – conclude Morandini – Lo si può essere anche con percentuali  minori, perché il vero imprenditore non è colui che ha la maggioranza, ma chi, attraverso un’impresa, riesce a creare valore, occupazione e benessere sul territorio».

Partendo da questo presupposto, anche la definizione di "piccola" o "grande" impresa perde di importanza: «Per fare andare bene una azienda non sono meglio i piccoli o i grandi imprenditori: sono meglio quelli bravi. Dove essere bravi vuol dire saper mantenere una dimensione adeguata alle sfide».  Un argomento ripreso da Alberto Testa, Presidente del Comitato Piccola Industria dell’Unione Industriali varesina: «Noi dobbiamo diventare grandi: ma negli obiettivi e nelle strategie, prima ancora che nelle dimensioni. Continuare a parlare di aggregazione non vuol dire mettere in dubbio la capacità di produrre  delle nostre piccole e medie imprese, che è un modello che ci è ancora invidiato in molti Stati del mondo».

Un modello che potrebbe essere stato frainteso:  «Abbiamo sempre identificato la forza del nostro sistema economico con il taglio dimensionale delle nostre aziende – ha spiegato il Presidente dell’Unione Industriali di Varese, Michele Graglia -‭ ‬E se invece questa forza non dipendesse dalla struttura dell’azienda ma dalla capacità diffusa sul territorio di fare impresa‭? ‬In questo caso, dovremmo abbandonare le gelosie‭ ‬e cercare ricette nuove che possano dare vita a politiche che sappiano aggregare gli imprenditori e le imprese intorno a idee e obiettivi,‭ ‬più che intorno a capitali e risorse‭»

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Pubblicato il 28 Aprile 2009
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