“Venga di là”. E mi hanno licenziata. Una frontaliera racconta
Lo sfogo di una lettrice assunta a tempo indeterminato in Svizzera che un quarto d’ora prima della fine della giornata di lavoro è stata lasciata a casa. Il racconto della sua giornata
Suona la sveglia. 5.45.. stanotte per via del caldo ho chiuso occhio tardi e stamane (ieri, martedì 26 maggio) grazie al merlo indiano dei miei vicini alle 4.30 già li aprivo.Devo andare a lavorare, purtroppo sento anch’io quel dovere comune di alzarsi e andare a nobilitarsi.
6.26 parto da casa e passo a prendere la mia collega; chiacchere da televisione, spettegolezzi da paese e niente di più al fine di ammazzare la noia fino alle 6.40 in colonna per oltrepassare la dogana.
6.53 timbratura cartellino; quasi un rituale.. entro in catena, saluto la mia collega posteriore, saluto la mia collega anteriore, mi siedo, mi metto la crema per le mani, mangio una mentina, bevo un sorso d’acqua e tiro fuori gli atrezzi da lavoro come da due anni a questaparte.
7.00 la campana ci avvisa che è ora di iniziare a lavorare il che è quasi una presa in giro dato che assembliamo orologi e da qui fino alle 16.05 le uniche cose che vedrò saranno sguardi vuoti e lancette. Da un punto di vista poetico potrebbe essere il titolo di una canzone ma… non è così.
Fortunatamente il lavoro non è stancante e fortunatamente ci hanno ben addestrato a eseguirlo come "robottine" quindi le mie poche ore di sonno non incideranno sulla produzione.
Per essere puntuali e abbastanza scorrevoli per le 8.00 bisogna aver prodotto il 12.25%, per le 9.00 il 25% e cosi via…attenzione perchè in un catena di montaggio ognuno è un anello e se qualcuno di questi rallenta immancabilmente ritardo pure io a rischio della mia sonnolenza mentre se qualcuno accellerà devo dannatamente correre a rischio della mia salute e tranquillità.
7.18 vengo ripresa perchè ho parcheggiato con le gomme storte…e pensare che mensilmente pago 60chf al mio datore di lavoro per poter posteggiare nella ditta in cui lavoro.Mando giù il boccone amaro…penso ad altro, accendo la radio e continuo il mio lavoro.
8.00 sbottono un bottone del camice ho caldo e il termometro segna 26c°, è proibito aprire le finestre ed è proibito anche sbottonarsi il camice sicchè alle 8.01 mi arriva uno sguardo che non perdona dalla mia caporeparto. Ok riallaccio il camice.
Così passano le prime quattro ore, uguali a ieri, uguali all’altro ieri, uguali.
11.15 la campana ci segnala la pausa pranzo,,,dovrebbe essere rilassante…Timbro il cartellino, da regolamento devo togliermi le ciabatte in dotazione, il camice e pulire il tavolo, mangiare nel solito posto da due anni a questa parte, nè una sedia più in là, nè una più in quà( ci sono ragazze pronte a uccidere per un posto uguale ad altri), consumare frugacemente il mio triste pasto uguale a ieri e uguale a domani: una mela e una jogurt..otto ore sedute e pure Kate Moss diventerebbe una taglia 44, fondamentalmente noi operaie siamo tutte della anoressiche obese e solo poche elette pranzano con pizza o pasta. Anche in mensa è proibito aprire le finistre e mi vesto degli odori di 250 pasti …ripulire il tavolo e la sedia e se sei fumatore per le 11.30 devi aver già fatto tutto ciò per poter scendere tre rampe di scale ritimbrare e finalmente prendere nuna boccata… di nicotina! Ovviamente solo nelle aree ad esse concesse. Abbiamo giusto il tempo per due sigarette massimo tre se hai dei buoni polmoni, una telefonata veloce al ragazzo e massimo por le 11.48 aver spento tutto, sigarette cellulari e chiacchere.
11.48 timbro l’ingresso, salgo tre rampe di scale, mi metto il camice, mi tolgo le scarpe e mi ri-infilo le ciabatte.
11.53 timbro l’ingresso in reparto. Ora la festa è finita, la parte interessante della giornataè stata questa.
Ancora quattro ore lente e fuori c’è il sole, la vita.
12.01 si avvicina la mia caporeprto, ha bisogno di sapere se "banca" si scrive con la K o con CH…mi ha preso come punto di riferimento per affrontare grossi quesiti grammaticali perchè sono l’unica su 250 operaie ad avere il diploma.Sono la dotta della fabbrica yeah!!
Ci sono giorni in cui la paura di avere un analfabetismo di ritorno mi spezza il respiro,la paura di marcire qui dentro sgomitando le mie avversarie per poter essere un giorno un aiutante (la cameriera delle caporeparto).
Ci sono giorni ancora più spaventosi dove mi accorgo di aver piegato la testa, di essere entrata nel gregge e di aver buttato via ogni tipo di autostima…
La consolazione è il posto fisso.
15.40 Guardo l’orologio, abitualmente a quest’ora inizio a cazzeggiare, la produzione è fatta e il cervello ormai è in pappa parciò…Da lontano la mia caporeparto mi fa un cenno, lo riconosco, negli ultimi tempi l’ho visto fare spesso e ho sempre pensato che la scena che segue ricordasse tanto i deportati…so che è blasfemia, ma la sensazione è questa e solo io posso saperlo.
Mi fanno entrare in un ufficio, mi porgono una lettera da firmare e bla bla bla..la crisi..bla bla..tagli..ti richiameremo in caso..bla bla..
Da questo momento in poi non entrerò mai più in reparto, non rivedrò mai più le mie colleghe (nel senso lato) e non ammazzerò(ucciso, violentato e calpestato) mai più il mio tempo.
Manca poco alla campana, finalmente dopo due anni un giorno diverso.
Voci di corridoio dicono si chiami crisi…
Ester G. ha 26 anni e vive ad Arcisate. Non è sposata, non ha figli. Fa parte dei 200 lavoratori di un’azienda di assemblaggio orologi di Stabio, appena entro i confini con la Svizzera che, su un totale di 400 lavoratori, sono stati lasciati a casa nel giro di pochi mesi. Una storia come tante e che abbiamo lasciato così com’è arrivata in redazione. Ma non per questo meno importante nel raccontare ciò che la crisi sta producendo anche oltre confine. In molti sono infatti i lavoratori frontalieri che dall’oggi al domani possono venir lasciati a casa.. Ester, contattata dalla redazione, si dice comunque una privilegiata, dal momento che per due mesi avrà lo stipendio pagato. “Sono giovane, qualcosa farò”, dice. Il problema, come è ripetuto da tempo, riguarda tante persone che, per questioni anagrafiche o per competenze, non riescono a rientrare nel mondo del lavoro. Ester ci farà sapere nelle prossime settimane come è andata, e in quanto tempo riuscirà a trovare un nuovo lavoro.
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