Alla “Ugo Mara” la giornata più lunga “là ci sono i nostri”
Il maggiore Francesco Cosimato: «Abbiamo 150 colleghi a Kabul. Oggi è un giorno triste ma la risolutezza della nostra missione non cambia»
E’ stata una giornata difficile quella vissuta all’interno della caserma della Nato "Ugo Mara" di Solbiate Olona (foto a sinistra) dopo che le prime agenzie hanno cominciato a battere la notizia della morte del soldato italiano impegnato nella missione Isaf Alessandro Di Lisio, caporalmaggiore dei parà della Folgore.
A parlare del clima che si respira in caserma oggi è un ex-parà, il maggiore Francesco Cosimato oggi a capo dell’ufficio stampa della struttura militare che conosce molto bene l’Afghanistan: «Abbiamo 150 colleghi a Kabul – racconta – lei può capire la trepidazione appena è uscita la notizia. Il telefono è diventato bollente, eravamo alla ricerca di notizie certe su dove, come e soprattutto chi questa volta ha perso la vita». Il soldato ucciso nell’attentato questa mattina a circa 50 chilometri a nord-est di Farah faceva parte di una pattuglia di paracadutisti della Folgore e del Primo Reggimento Bersaglieri ed è la 14esima vittima italiana dall’inizio della missione: «Siamo sgomenti – racconta il militare – in Afghanistan è un momento delicato, c’è il cambio di strategia in atto e c’è massima attenzione perchè i Taliban sono evidentemente preoccupati da quello che sta succedendo».
Da quando il vertice delle forze Usa è cambiato è mutata anche la strategia: prima ci si limitava al controllo del territorio mentre oggi i soldati americani sono impegnati nella ricerca delle base operative della guerriglia. La notizia non è nuova e nei giorni scorsi è stata accompagnata da molti articoli e video che hanno raccontato di questa nuova strategia: «La situazione che si sta venendo a creare è questa – precisa il Cosimato – siamo di fronte ad un conflitto asimmetrico e queste azioni rientrano nel quadro che noi conosciamo. Sono stato a Mogadiscio nel ’93 con i parà e la situazione non è molto diversa». E’ quasi toccato in prima persona il maggiore che racconta anche dei suoi colleghi dentro la caserma: «Può bene immaginare che cosa voglia dire per tutti qui, qualsiasi sia il Paese di provenienza, quando muore un collega in quella terra – ha commentato ancora Cosimato – è uno di noi e siamo vicini alla famiglia in queste ore terribili. Una cosa è certa, la nostra risolutezza non è in discussione. Siamo lì per fare del bene all’Afghanistan anche se c’è una parte che non ha interesse che arrivino la democrazia e la sicurezza».
Da febbraio di quest’anno gli uomini della base solbiatese sono tornati in Afghanistan e, a differenza della precedente missione, che interessava un’area di responsabilità relativamente ristretta, la missione ISAF 2009 prevede l’estensione della giurisdizione a tutto il territorio afghano.
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