Quel regalino causa del lodo
I giornalisti Peter Gomez e Antonella Mascali nel loro libro "Il regalo di Berlusconi" hanno ricostruito le vicende giudiziarie del processo Mills
Si chiama David Mills è inglese, avvocato e (ex?) marito dell’esponente del partito laburista ed ex ministro di Tony Blair Tessa Jowell, e da qualche tempo è anche il peggior incubo del presidente del consiglio Silvio Berlusconi. Una "mina vagante" che secondo il tribunale di Milano sarebbe stata disinnescata nel 1999 grazie a una tangente da 600mila dollari. Una tangente grazie alla quale l’avvocato inglese avrebbe sorvolato su alcune informazioni in sede di interrogatorio davanti ai giudici milanesi, certe cose che sapeva sul conto delle aziende del presidente del consiglio ma che era più oppurtuno tralasciare. Un modus operandi che la decima sezione del tribunale di Milano ha definito corruzione di test giudiziario e che i giornalisti Antonella Mascali e Peter Gomez hanno minuziosamente ricostruito nel libro “Il regalo di Berlusconi” edito da Chiarelettere. Una cronaca fedele e documentata di tutti i passaggi che hanno portato alla sentenza di condanna dell’avvocato di Berlusconi David Mills e alla sospensione, per lodo, di quella parte di processo che riguarda direttamente il premier. Proprio così, perché la realtà è che ad oggi, grazie al lodo Alfano, Mills è stato dichiarato corrotto ma è ancora in cerca di un corruttore.
Un episodio su tanti è significativo tra quelli raccontati da Gomez e dalla Mascali: quello di una lettera di confessione.
Tutto è cominciato il 2 febbraio del 2004 il giorno in cui l’avvocato Mills consegna al suo commercialista Bob Drennan una lettera in cui rivela un particolare che allo stesso Drennan appare sconvolgente. In questa lettera Mills chiedeva al suo commercialista come poter trattare fiscalmente una certa somma di denaro che aveva ricevuto come "regalo" e fa delle considerazioni su di una testimonianza (secondo la procura di Milano si trattava di quella resa davanti ai giudici che stavano indagando su uno strano movimento di denaro di alcune società estere facenti capo alla galassia economica di Silvio Berlusconi) e così si esprime in un passagio della missiva:
“Sapevano che il modo in cui avevo reso la mia testimonianza (non ho mentito ma ho superato curve pericolose, per dirla in un modo delicato) avesse tenuto Mr. B. lontano da un mare di guai nei quali lo avrei gettato se solo avessi detto tutto quello che sapevo. Alla fine all’incirca nel 1999 mi fu detto che avrei ricevuto dei soldi, che avrei dovuto considerare come un prestito a lungo termine o un regalo: 600mila dollari furono messi in un hedge fund e mi fu detto che sarebbero stati a mia disposizione, se ne avessi avuto bisogno”.
Le indagini durante le quali era stato sentito David Mills, e alle quali secondo il tribunale si faceva riferimento nella lettera, erano cominciate perché i giudici avevano puntato gli occhi su una serie di società offshore, dai nomi inglesi o esotici, di cui l’avvocato pareva essere gestore, e che i pm erano convinti servissero alle aziende di Berlusconi per adottare una serie di comportamenti dai quali sono scaturite le accuse di appropriazione indebita, frode fiscale e falso in bilancio fino al 2000.
La lettera dunque è la prova madre del processo Mills, in quanto rappresenta una prima confessione fatta da Mills al suo commercialista di quanto era successo in sede d’interrogatorio. Finisce nelle mani dei giudici perchè Drennan, il commercialista, anziché fornire al suo cliente il parere fiscale che gli era stato richiesto, raccoglie cartelle e cartelline e corre a denunciare il tutto al Serious Fraud Office inglese, e da qui fa partire le indagini.
Naturalmente la lettera non è l’unica prova nelle mani dei giudici milanesi, composte da testimonianze e riscontri documentali, ben ricostruiti all’interno del libro "Il regalo di Berlusconi", ma è quella che meglio di tutte delinea il quadro seguito dall’accusa che porta Silvio Berlusconi e il suo avvocato David Mills a giudizio davanti alla X sezione del tribunale di Milano e da cui Mills ne è uscito con una sentenza che ha stabilito la condanna a 4 anni e 6 mesi "perchè corrotto".
Una sentenza che invece non è arrivata al presidente del consiglio per l’intervento del lodo Alfano, proposto dal governo da lui presieduto e votato dal Parlamento di cui detiene la maggioranza. Una sentenza che, favorevole o sfavorevole che possa essere, non potrà mai arrivare, nemmeno dopo la bocciatura del lodo Alfano, perché a questo punto non sarà una legge ad hoc ma l’arrivo provvidenziale della prescrizione ad escludere un giudizio.
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