La collezione Piceni “rifiutata” dal Comune
Fino a tre anni fa sembrava cosa fatta: quaranta opere di pittori ottocenteschi dovevano essere esposte nel museo di via De Magri. Poi il silenzio dell'amministrazione e il lancio del MAGa
– decidemmo di mettere a disposizione una quarantina di opere, perché fossero fruibili dal pubblico. E anche perché siamo comunque legati a Gallarate per diverse ragioni» ( a sinistra: Giuseppe De Nittis, "Al Bois"). Dopo la valutazione della selezione di opere da parte della direttrice della Gam Emma Zanella, nel 2006 si arrivò ad un accordo per far confluire la raccolta all’interno del nascente polo museale gallaratese, che comprendeva la Galleria d’Arte Moderna e che avrebbe accolto anche l’esposizione della Fondazione Piceni e quella del Museo dell’Elettronica (oltre mille opere) raccolto da Luciano Giaccari. L’intenzione di procedere su questa strada fu poi reso ufficiale con una delibera di giunta. E l’accordo fu in effetti presentato con grande enfasi nel quadro dell’ampliamento della Galleria d’Arte Moderna e del suo trasferimento nell’innovativo edificio di Via De Magri.
«Da allora – spiega Mattia Testi – non ne abbiamo più saputo nulla. Dopo diverse richieste, prima di Natale ci è stato confermato l’interesse, ma a febbraio ci siamo trovati di fronte al fatto compiuto». Una mostra inaugurale su Modigliani, una data d’inaugurazione già definita, nessuno spazio
previsto per le opere della Fondazione Piceni. «Non è stato rispettato l’impegno preso, abbiamo atteso inutilmente una risposta, tenendo “bloccate” le opere, rifiutando altre proposte». Certo non è il danno economico a preoccupare la Fondazione Piceni, è più forte la delusione per aver visto sfumare la possibilità di contribuire al museo di Gallarate con una scelta di opere provenienti da una collezione di assoluto pregio, che comprende opere di grande valore: diversi quadri dell’impressionista Federico Zandomeneghi (a destra, "Le moulin de la Galette"), ma anche singole opere di Giuseppe De Nittis, del maestro del realismo e del divisionismo Giuseppe Pellizza da Volpedo, di Gino Severini, di Amos Cassioli. Opere che seguono un filo rosso, la presenza degli artisti italiani a Parigi, dalla seconda metà dell’Ottocento fino al Novecento. Tra le opere della Fondazione Piceni c’è anche un quadro di Amedeo Modigliani, che avrebbe potuto forse trovare un posto nella collezione permanente del museo gallaratese. «La scelta avrebbe potuto contribuire a dare un’identità forte ad una galleria già molto nota e apprezzata tra gli appassionati». Per altri motivi si è scelta invece un’altra strada e così la collezione Piceni rischia di prendere il volo e di andare ad arricchire le sale di altri musei. «Abbiamo contattato per conoscenza anche la nuova Fondazione Zanella, anche se il confronto in passato è sempre stato con il Comune. È stato dimostrato un certo interesse, ma teniamo a dire che non c’è nessun accordo, a differenza di quanto dichiarato dal presidente Angelo Crespi».
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