Anche il web si mobilita contro la legge bavaglio
La protesta si muoverà su giornali on-line, blog e social network
Insieme alla stampa, anche il mondo di Internet, e in particolare dei blogger, sciopererà contro la legge bavaglio.
"Pensiamo che sia importante anche l’adesione di quelle redazioni “sommerse”, spesso informali, che costituiscono l’informazione diffusa nel nostro Paese e che in gran parte viaggia sul web. Un mondo però che, proprio per questa sua specificità, spesso si astiene da queste forme di protesta. – recita l’appello dei promotori lanciato sul web – “Questa volta non sarà così. Non pubblicheremo nulla il giorno 9 se non le nostre considerazioni sulla legge bavaglio. In questo modo sarà chiaro che anche realtà minori o poco conosciute, alternative e diversificate ma di qualità, sono buona parte della spina dorsale dell’informazione in Italia, dove non esistono solo grandi quotidiani o grandi reti televisive. La minaccia del ddl – conclude l’appello – riguarda tutti e dunque anche chi non lavora in un giornale, non ha una posizione contrattualizzata, non si riconosce nel sindacato o non si sente rappresentato dalla protesta. Chi è meno tutelato di altri ma altrettanto colpito nella sua dignità professionale e nella qualità del suo lavoro".
La protesta si sta muovendo anche su Facebook. Alcuni gruppi, come "Disobbedienza civile alla legge bavaglio", hanno già raggiunto i 78.000 iscritti. Molti utenti stanno anche sostituendo la foto del loro profilo con un post-it recante la scritta "No alla legge bavaglio" o con delle coccarde nere. Da YouTube in molti stanno condividendo, viralmente, un messaggio della giornalista Milena Gabanelli.
Intanto ha superato 120 mila firme l’appello di Valigia Blu al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in cui si chiede al Presidente della Repubblica di “non promulgare la legge sulle intercettazioni”. La lettera si conclude così: “Mi rivolgo quindi a Lei, il garante della Costituzione, affinché a tutti i cittadini italiani vengano assicurati i diritti di espressione e di informazione, quegli stessi diritti che la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha definito prevalenti sul diritto alla riservatezza”.
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